giovedì, febbraio 14

“E mi tiro su gli occhiali al traguardo della tappa, ma quando scendo dal sellino sento la malinconia, un elefante magrolino che scriveva poesie”. San Valentino, il ricordo di Marco Pantani ed un pensiero per la mia città

San Valentino, festa degli innamorati. Fiumi di inchiostro e di sentimenti hanno invaso ogni media, anche se non riescono ad essere più forti della cronaca, che prepotente (giustamente) ha sempre le prime pagine. Per me San Valentino negli ultimi anni ha sempre avuto un significato particolare e non parlo di chi mi sta vicino, che non ha bisogno di sdolcinate dichiarazioni pubbliche.
Oggi sono nove anni che è morto Marco Pantani, un gigante fragile, che ha pagato in prima persona il conto al suo amore per la vita, una volta che non si è più sentito ricambiato in questo sentimento. Oggi si scopre che ai suoi tempi tutti gli altri (lottava contro Armstrong...) baravano di brutto, molto più di lui forse. Ma così è. In ogni caso rimarranno fortissime le emozioni che solo Marco riusciva a stimolare. Quando si toglieva la bandana e si alzava sui pedali… beh in quel gesto c’era molto più del doping (che in fondo aveva messo tutti comunque alla pari), c’era la rabbia, la voglia di soffrire, la voglia di partire e lasciare tutti dietro. Non bastarono a fermarlo le fratture alle gambe o altri incidenti gravissimi. Marco era molto di più e la sua leggenda non morirà mai. Non è certo finita il 14 febbraio 2004 in quell’albergo a Rimini. Ogni San Valentino penso a lui, ai suoi occhi quando si alzava sui pedali, ma anche al suo sguardo spento negli ultimi giorni di vita, così come appariva nelle cronache dei giornali che lo sbattevano in prima pagina, colpevole, al tempo, di aver truccato le carte, linciato e massacrato oltre ogni logica. Nei giorni della sua grande sofferenza non gli fu concessa neppure quella che i latini chiamavano pietas. E’ un sentimento nobile, che non significa perdono, ma pietà e rispetto per l’uomo che sta soffrendo, che sa bene che sta pagando e pagherà ancora per gli errori commessi. In quei giorni molti ebbero per lui solo rabbia, spesso cieca. Se penso a quello che (forse) facevano gli altri, mi viene da pensare che Marco (forse) era fra quelli che baravano di meno. Ripenso alle salite, alla fatica sovraumana che pativa per spingere più forte sui pedali, per superare gli altri. Oggi il suo pedalare appare come una catarsi, il suo alzarsi sui pedali quasi un tentativo di purificazione. Riuscì così a superare tutti meno uno, sé stesso. Ciao Marco
Quest’anno per San Valentino non posso non pensare anche alla mia città. In attesa della giusta e doverosa chiarezza (sono garantista e fiducioso nella Magistratura) che i Giudici consegneranno alla storia, in questi giorni mi rendo conto di quanto le voglio bene. Leggendo la cronaca alle volte verrebbe voglia di andare lontano, magari negli Usa, in Nuova Zelanda o comunque all’estero, per non sentire tutti giorni il gran male che Siena ha subìto e sta subendo. Poi ripenso a tutto il vissuto, al fatto che in fondo sono nato qua e qua vorrei morire, nella mia città. Non sono cieco né sordo e pertanto vedo e leggo ogni giorno tutto quello che accade e che dà profondo sconforto, oltre ad infinita preoccupazione, soprattutto per le generazioni che verranno, alle quali è stata tolta una parte della speranza. Proprio per questo penso sia giusto rimanere a Siena, nella mia città, cercando di portare (quando e se richiesto) l’apporto che posso portare (poco), sperando che tutti possano fare altrettanto, se lo vorranno, liberamente e sinceramente, ma soprattutto in modo disinteressato, dopo il grande inganno che aveva illuso quasi tutti, me compreso. Solo pochi urlavano nel deserto. Purtroppo indietro non si può tornare e l'unica strada è andare avanti.














E mi alzo sui pedali è la bellissima canzone (scritta da Bigazzi - Grandi - Curreri / Falagiani) dedicata a Marco Pantani dagli Stadio nel 2007. Album Parole nel vento.
Chissà, forse oggi Marco sarà su qualche passo alpino a canticchiarla, mentre pedala solitario, accarezzando con la sua bici i tornanti, oggi lievi nel salire.

Io sono un campione questo lo so
È solo questione di punti di vista
In questo posto dove io sto
Mi chiamano Marco, Marco il ciclista
Ma è che alle volte si perde la strada
Perché prima o poi ci sono brutti momenti
Non so neppure se ero un pirata
Strappavo la vita col cuore e coi denti
E se ho sbagliato non me ne son reso conto
Ho preso le cose fin troppo sul serio
Ho preso anche il fatto di aver ogni tanto
Esagerato per sentirmi più vero

E ora mi alzo sui pedali come quando ero bambino
Dopo un po' prendevo il volo dal cancello del giardino
E mio nonno mi aspettava senza dire una parola
Perché io e la bicicletta siamo una cosa sola
E mi rialzo sui pedali ricomincio la fatica
Poi abbraccio i miei gregari passo in cima alla salita
Perché quelli come noi hanno voglia di sognare
E io dal passo del Pordoi chiudo gli occhi e vedo il mare
E vedo te…e aspetto te…

Adesso mi sembra tutto distante
La maglia rosa e quegli anni felici
E il Giro d'Italia e poi il Tour de France
Ed anche gli amici che non erano amici
Poi di quel giorno ricordo soltanto
Una stanza d'albergo ed un letto disfatto
E sono sicuro di avere anche pianto
Ma sono sparito in quell'attimo esatto

E ora mi alzo sui pedali all'inizio dello strappo
Mentre un pugno di avversari si è piantato in mezzo al gruppo
Perché in fondo una salita è una cosa anche è normale
Assomiglia un po' alla vita devi sempre un po' lottare
E mi rialzo sui pedali con il sole sulla faccia
E mi tiro su gli occhiali al traguardo della tappa
Ma quando scendo dal sellino sento la malinconia
Un elefante magrolino che scriveva poesie
Solo per te… solo per te…

Io sono un campione questo lo so
Un po' come tutti aspetto il domani
In questo posto dove io sto
Chiedete di Marco, Marco Pantani.