Non so se ho amici omosessuali, perché francamente non mi pongo il problema di chi voglia baciare o con chi voglia fare l’amore la mia amica o il mio amico. L’importante è la felicità ed ognuno ha diritto a scegliere quella che preferisce, seguendo il cuore. Ritengo già di per sé una discriminazione affermazioni del tipo “Ho amici gay”, oppure “A me non danno fastidio” o altro, perché alle volte nascondono dentro di sé il gene dell’intolleranza. Non commento neppure chi considera l’omosessualità una devianza oppure una malattia, degna o bisognosa di cure mediche o psicanalitiche. Forse qualche persona è talmente infelice da voler indicare agli altri la strada verso la felicità, visto che la loro e' solo un miraggio.
Tanto per essere chiari mi piacciono poco (ma non mi danno
fastidio) le manifestazioni di massa, spesso provocatorie, che non portano
neppure un mattone alla costruzione della “cattedrale della tolleranza”, ma che
al contrario hanno solo la conseguenza di radicalizzare le posizioni.
Il giorno in cui non si parlerà più di etero ed omosessuali
sarà un traguardo, perché vorrà dire che quel giorno non ci sarà più bisogno di
manifestare il malessere o l’assenza di diritti.
In questo minestrone di pensieri aggiungo anche che non sono
favorevole a priori alle adozioni per le coppie omosessuali, ma sono anche
convinto che un bambino stia molto meglio in casa con due persone che si amano
piuttosto che in un orfanotrofio dove può succedere di tutto, oppure gettato in
una strada in qualche posto dimenticato da Dio e dagli uomini. Ma questo non
c’entra nulla con questo post, proprio nulla. Era solo per far capire che non
si deve confondere e mettere nello stesso calderone il diritto di cittadinanza
ed il diritto alla felicità di una coppia di persone con le adozioni. Sono
infatti semplificazioni e sintesi che bloccano la scrittura di ogni altra
regola di civiltà e radicalizzano le posizioni.
“Vorrei donare il tuo sorriso alla luna perché di notte chi
la guarda possa pensare a te. Per ricordarti che il mio amore è importante, che
non importa ciò che dice la gente…”. Sono le parole di una canzone di Tiziano
Ferro dedicate, credo, anche al suo compagno.
Ieri sera a “Che tempo che fa” Massimo Granellini (un
grandissimo) ha parlato di questo caso ed ha citato il mito di Aristofane o
dell’androgino tratto dal Simposio di Platone (non un Lello qualsiasi...). Sotto ho messo la sintesi di
Wikipedia, poi per i più avventurosi il pdf dell’opera del grande filosofo
greco, vissuto circa 2500 anni fa. A quel tempo non esistevano forme di disciminazione per l’omosessualità, visto che era "solo" uno dei due orientamenti sessuali.
Rende alla grandissima l’idea.
Morale finale. Tutte le persone su questa
benedetta o maledetta terra sono state create uguali ed hanno gli stessi diritti, gli stessi
doveri e devono avere anche le stesse opportunità, prima fra tutte quella di
vivere la “felicità” che singolarmente o in coppia ciascuno sceglie.
Conta solo l’amore.
Conta solo l’amore.
Mito di
Aristofane o dell'androgino
(Tratto da
Wikipedia)
Il mito di
Aristofane (o mito dell'androgino) è presente nel celebre dialogo platonico
Simposio, che si propone di trattare l'immortale tema dell'amore. Dopo
l'esposizione di Fedro, Pausania ed Erissimaco, inizia a parlare Aristofane, il
famoso poeta comico, che sceglie il mito come veicolo della sua opinione su
Eros. Tempo addietro - espone il poeta - non esistevano, come adesso, soltanto
due sessi (il maschile e il femminile), bensì tre, tra cui, oltre a quelli già
citati, il sesso androgino, proprio di esseri che avevano in comune
caratteristiche maschili e femminili. In quel tempo, tutti gli esseri umani
avevano due teste, quattro braccia, quattro mani, quattro gambe e due organi
sessuali ed erano tondi. Per via della loro potenza, gli esseri umani erano
superbi e tentarono la scalata all'Olimpo per spodestare gli dei. Ma Zeus, che
non poteva accettare un simile oltraggio, decise di intervenire e divise, a
colpi di saetta, gli aggressori.
"Finalmente
Zeus ebbe un'idea e disse: "Credo di aver trovato il modo perché gli
uomini possano continuare ad esistere rinunciando però, una volta diventati più
deboli, alle loro insolenze. Adesso li taglierò in due uno per uno, e così si
indeboliranno e nel contempo, raddoppiando il loro numero, diventeranno più utili
a noi. "
(Platone,
Simposio, 190c-d, trad. it. Franco Ferrari)
In questo
modo gli esseri umani furono divisi e s'indebolirono. Ed è da quel momento -
spiega Aristofane - che essi sono alla ricerca della loro antica unità e della
perduta forza che possono ritrovare soltanto unendosi sessualmente. Da questa
divisione in parti, infatti, nasce negli umani il desiderio di ricreare la
primitiva unità, tanto che le "parti" non fanno altro che stringersi
l'una all'altra, e così muoiono di fame e di torpore per non volersi più
separare. Zeus allora, per evitare che gli uomini si estinguano, manda nel
mondo Eros affinché, attraverso il ricongiungimento fisico, essi possano
ricostruire "fittiziamente" l'unità perduta, così da provare piacere
(e riprodursi) e potersi poi dedicare alle altre incombenze cui devono
attendere.
"Dunque
al desiderio e alla ricerca dell'intero si dà nome amore "
(Platone,
Simposio, 192e-193a, trad. it. Franco Ferrari)
Siccome i
sessi erano tre, due sono oggi le tipologie d'amore: il rapporto omosessuale
(se i due partner facevano parte in principio di un essere umano completamente
maschile o completamente femminile) e il rapporto eterosessuale (se i due
facevano parte di un essere androgino).
La
caratteristica interessante del discorso di Aristofane risiede nel fatto che la
relazione erotica fra due esseri umani non è messa in atto per giungere a un
fine quale potrebbe essere la procreazione, ma ha valore per se stessa,
prescindendo così dalle conseguenze.
Grazie al
sito www.ousia.it potete scaricare il pdf del
Simposio di Platone.