Oggi vi
voglio raccontà un segreto, che poi tanto segreto ‘unné. Chi vince il Palio
mica si decide noi: la tratta, i cavalli i fantini: tutte bischerate; o meglio,
so’ frutto di accordi e intrecci che fanno quelli lassù. Poi qualcuno quaggiù
lo realizza e ci deve mettere anche del suo, facendo le cose a modino e con
rispetto. O che pensavate che ‘un guardassero più il Palio tutti i senesi che
so’ morti? Ma che siete rincoglioniti? Fin che siamo piccini la sera che vinci
ti lasciano stà, ma quando cresci t’accorgi che in mezzo al popolo e alla tu’
gente ci so’ anche loro. Ma che pensate che le lacrime a Palio vinto siano solo
di gioia? Quello è un privilegio che tocca solo a cittini. Loro devono esse
spensierati e devono pensa’ solo a divertissi. Pe’ grandi le lacrime so’ anche
di dolore, perché senti vicino tanti che un ci so’ più e che in contrada
t’hanno cresciuto. So’ uguali a quell’altre, pari pari. I gazzillori ulle
distinguono, ma chi è cresciuto sulle lastre lo capisce al volo. Vince il Palio
‘unné mica solo gioia, è anche dolore, sennò ‘un sarebbe Palio.
E poi, ve lo devo dì, è vera la leggenda che si sente in giro: a Palio vinto chi vole ha la libera uscita e po’ tornà in contrada per una sera a festeggià. Un si possono vedè, ma alle volte si sentono brividi che sembrano spifferi di vento anche se il vento ‘un c’è. So’ loro che ci abbracciano.
I cittini ‘un lo sanno, ma tutto inizia a fine aprile, quando gira la prima contrada. Lassù cominciano summitte e riunioni. Il Grande Capo e la Signora iniziano a ricevere i contradaioli, che so’ morti dall’ultimo Palio corso, ma quelli che ci sentivano davvero, no i gazzillori. Ognuno gli spiega perché la su’ contrada dovrebbe vince. Contano le ragioni e bisogna esse’ seri. A loro le bugie ‘un si possono raccontà. Conta anche il numero, più contradaioli ci sò e più que’ due si convincono a fatti vince. Quest’anno i giraffini erano un monte. Anche quelli delle altre contrade s’erano sorpresi ed avevano capito che a luglio si metteva male. C’era quello con quella giacca a strisce che insisteva pe’ uscì a sorte. Diceva che c’era la su’ bandiera che doveva sventolà. L’avevano portata in comune e un poteva fa figuracce. Le riunioni so lunghe e durano proprio tanto. Da giugno cominciano quelle serie. Si comincia per davvero a parla’ di chi deve vince il Palio. Tutto il mese è stato un continuo via vai di giraffini. Erano tanti e si so’ dati il cambio. C’era quello co’ baffi che portava il cappotto anche d’estate che spiegava perché doveva vince la Giraffa, insieme a quello con la giacca buffa. Secondo me hanno fatto un lavorone insieme a tutti quell’altri. C’era quel giovanotto ricciolino, la signora che disegnava bene, quell’altra che stava sempre a sedé su un murello. Poi c’era quello grosso sempre polemico, la sorella del barbaresco e una nonna che ‘un la smetteva di parlà de’ su figlioli e de’ nipoti. Questa volta i giraffini erano un monte e s’erano impegnati tanto per rivince. Quelli che erano arrivati prima gli avevano dato de’ bei consigli, anche se ‘un si potrebbe fa.
E noi? Da quaggiù si pole fa solo danno. E’ si, perché c’è una regola: chi sbaglia paga. Il Grande Capo e la Signora so’ drastici. Se un popolo sbaglia o fa gazzillorate di Palio ‘un se ne parla più e a quelli che erano andati a chiede di vince, pieni di vergogna, gli tocca andà a chiede scusa a tutti, uno per uno. Quest’anno poi ci s’è messa anche una donna di Cascia, Rita, che ha tante chiese a nome suo. In una hanno preso anche l’Acqua che Don Tito ha dato a Sarbana. I santi si movono di rado, ma la loro parola conta tanto. All’inizio aveva chiesto solo di uscire a sorte, ma poi s’è piccata anche lei per la Giraffa. In queste settimane s’è saputo che una sera chiese chi avrebbe dipinto il Palio. Il Grande Capo e la Signora le dissero che lo avrebbe fatto una certa Laura e lei a tonfo disse che di secondo nome faceva Rita! Era un segno! I due si misero a ride e forse dopo parlottarono un poco fra di loro e decisero che senza cavolate del popolo a luglio sarebbe avrebbe vinto perdavvero Giraffa!
E poi, ve lo devo dì, è vera la leggenda che si sente in giro: a Palio vinto chi vole ha la libera uscita e po’ tornà in contrada per una sera a festeggià. Un si possono vedè, ma alle volte si sentono brividi che sembrano spifferi di vento anche se il vento ‘un c’è. So’ loro che ci abbracciano.
I cittini ‘un lo sanno, ma tutto inizia a fine aprile, quando gira la prima contrada. Lassù cominciano summitte e riunioni. Il Grande Capo e la Signora iniziano a ricevere i contradaioli, che so’ morti dall’ultimo Palio corso, ma quelli che ci sentivano davvero, no i gazzillori. Ognuno gli spiega perché la su’ contrada dovrebbe vince. Contano le ragioni e bisogna esse’ seri. A loro le bugie ‘un si possono raccontà. Conta anche il numero, più contradaioli ci sò e più que’ due si convincono a fatti vince. Quest’anno i giraffini erano un monte. Anche quelli delle altre contrade s’erano sorpresi ed avevano capito che a luglio si metteva male. C’era quello con quella giacca a strisce che insisteva pe’ uscì a sorte. Diceva che c’era la su’ bandiera che doveva sventolà. L’avevano portata in comune e un poteva fa figuracce. Le riunioni so lunghe e durano proprio tanto. Da giugno cominciano quelle serie. Si comincia per davvero a parla’ di chi deve vince il Palio. Tutto il mese è stato un continuo via vai di giraffini. Erano tanti e si so’ dati il cambio. C’era quello co’ baffi che portava il cappotto anche d’estate che spiegava perché doveva vince la Giraffa, insieme a quello con la giacca buffa. Secondo me hanno fatto un lavorone insieme a tutti quell’altri. C’era quel giovanotto ricciolino, la signora che disegnava bene, quell’altra che stava sempre a sedé su un murello. Poi c’era quello grosso sempre polemico, la sorella del barbaresco e una nonna che ‘un la smetteva di parlà de’ su figlioli e de’ nipoti. Questa volta i giraffini erano un monte e s’erano impegnati tanto per rivince. Quelli che erano arrivati prima gli avevano dato de’ bei consigli, anche se ‘un si potrebbe fa.
E noi? Da quaggiù si pole fa solo danno. E’ si, perché c’è una regola: chi sbaglia paga. Il Grande Capo e la Signora so’ drastici. Se un popolo sbaglia o fa gazzillorate di Palio ‘un se ne parla più e a quelli che erano andati a chiede di vince, pieni di vergogna, gli tocca andà a chiede scusa a tutti, uno per uno. Quest’anno poi ci s’è messa anche una donna di Cascia, Rita, che ha tante chiese a nome suo. In una hanno preso anche l’Acqua che Don Tito ha dato a Sarbana. I santi si movono di rado, ma la loro parola conta tanto. All’inizio aveva chiesto solo di uscire a sorte, ma poi s’è piccata anche lei per la Giraffa. In queste settimane s’è saputo che una sera chiese chi avrebbe dipinto il Palio. Il Grande Capo e la Signora le dissero che lo avrebbe fatto una certa Laura e lei a tonfo disse che di secondo nome faceva Rita! Era un segno! I due si misero a ride e forse dopo parlottarono un poco fra di loro e decisero che senza cavolate del popolo a luglio sarebbe avrebbe vinto perdavvero Giraffa!
Qualcuno di
voi ullo saprà, ma chi è stato contradaiolo prima di noi fa anche la festa
della vittoria. La fanno quando portano il Palio ai cimiteri. E’ una giornata
particolare, si ritrovano tutti, ma proprio tutti. Davanti ci so’ tutti quelli
che so’ partiti dopo l’ultima vittoria e poi via via nelle altre file tutti
quell’altri. Non manca mai nessuno. Quelli dell’altre contrade stanno tutti
indietro a guarda’ perché è sempre un bello spettacolo. I giraffini avevano
fatto le cose in grande quest’anno e a lavora’ so’ stati proprio tanti. C’era
quello secco colla barba, quattro o cinque ragazzi e ragazze giovani che
cantavano come pazzi, c’era quello che stava zitto con un paio di bandiere in
mano avvoltolate: guardava tutti e sorrideva. C’era quello che chiamavano il
priore, famoso fra i colleghi defunti perché lo rimandarono alla cena della
vittoria sulla terra dopo poche settimane che era arrivato. Quest’anno era
riuscito a fa una cosa particolare. Sapevano infatti che doveva arriva’ quel
bordello moro che stava in Baroncelli. Col su portamento fiero, facendosi
annuncia’ come il priore della Giraffa andò dal Grande Capo e dalla Signora.
Disse loro che quel bordello aveva du’ figlioli grandi, ma anche uno piccino ed
era giusto che ci vedesse vince la Giraffa insieme almeno una volta, poi
potevano anche chiamallo su. I due si commossero, fecero un cenno di assenso
colla testa e gli diedero un’poca di proroga in terra, facendo in modo che il
giorno del corteo potesse esse in Piazza col su’ figliolo piccino e l’altri due.
I giraffini erano tanti e felici, saltavano, cantavano e correvano dappertutto.
C’era uno mancino che di nascosto aveva fatto una vignetta sul ghiaino
all’ingresso pe’ da’ il benvenuto al su’ popolo insieme al su’ figliolo e la
su’ moglie che li guardava, uno che chiamavano il giovanottino, contento perché
aveva visto i su’ figlioli felicissimi, una mamma che ha avuto i figli
vittoriosi da capitano e mangino, due professoroni universitari, uno tutto
vestito di bianco insieme a un altro che parlava sempre di sport. C’erano due
fratelli che anche lassù pensavano alla società, uno con la figliola. Vicino a
loro tanti altri bordelli e qualche vecchiarello. C’era uno con i capelli lisci
che fumava delle sigarette puzzolenti col nome strano, famoso perché lavorò più
di tutti pe' fa rivince il Palio alla Giraffa appena arrivato e ci riuscì
anche. Al tempo pe’ ringrazia’ tutti, alla festa della vittoria, fece pizza e
pan co’ santi per tutti. “Boni in questo modo nemmeno in paradiso”, urlò uno
facendo ride tutti. C’erano due che parlavano dei loro nipoti che avevano vinto
il Palio da capitani e priori e uno tutto preciso con la su’ moglie che preciso
disse: “Anche il mi’ figliolo da capitano”. Poi uno bruttino che passeggiava un
cavallo e si dava il cambio con uno magro magro e bassino. C’era quello che
aveva battuto colla macchina, due fratelli che hanno vinto come dirigenti e
cavallai, il Carabiniere e una signora con il nome strano, che stava col su
figliolo, quello coi baffi e il marito. Erano proprio in tanti, ‘un mancava
proprio nessuno, nemmeno uno grande e grosso arrivato tanto tempo fa. Ci
vorrebbe tanto a fa l’elenco. La festa della vittoria è sempre semplice e suggestiva.
Quelli più giovani escono e tornano a corsa dentro quando vedono le bandiere e
sentono i tamburi. Ultimo a rientrare è stato quello giovane che ora di casa
sta in un cimitero di campagna. Rideva ed era tanto contento. Vicino a lui du’
sorelle giovani giovani e un'altra bordellina arrivata da poco. Anche lei
rideva tanto ed era felice. “Arrivano, arrivano, c’è il Palio”, urlano. E’ la
loro festa della vittoria e si emozionano, perché so’ felici.
Per quel
giorno hanno il privilegio di farsi sentire da chi viene.
Quest’anno
c’era un gran caldo, ma pe’ i giraffini che erano andati a visita’ i cimiteri era
un continuo sentì brividi di freddo e gli stessi spifferi dalla notte del
Palio. Dove ti giravi vedevi uno che ti sorrideva e veniva ad abbracciarti. Un
si faceva pari. Era la loro festa e se la so’ proprio goduta tutti insieme.
E quelli dell’altre contrade? So’ tutti felici, perché ogni volta che arriva il Palio, vole di’ che i senesi l’hanno conservato. L’eternità ‘un finisce mai e se i contradaioli lo terranno di conto, una volta per uno toccherà a tutti di vince e poi rivince. Basta ave’ pazienza e spera’ che ‘un facciano danno quelli sulla terra.
Tanti anni fa tutti i veri senesi defunti si ritrovarono insieme. Dopo tante riunioni scrissero una canzone, che vole di’ tutto sull’amore che hanno prima per Siena e poi per il Palio. Per farcela conoscere una notte fecero prende un coccolone di paura a uno, che si svegliò di soprassalto e iniziò a scrivere parole speciali, senza rendersene nemmeno conto. Poi le lesse e pianse.
Volgi un guardo, o Celeste Regina,
alla nostra città a Te diletta:
mira un Popol fidente che aspetta
il soccorso del Santo Tuo Amor
O Maria la Tua Siena difendi;
per lei prega benigna il Signor.
Nelle mille vicende, che tutto
quaggiù tessono il vivere umano.
chi mai volse a Te supplici invano
le pupille, o Regina del Ciel?
O Maria la Tua Siena difendi;
per lei prega benigna il Signor
T’invochiamo noi pure, o Maria,
nel trascorrer del secol presente,
deh ci ascolta, o gran Vergin possente,
per noi prega pietosa il Signor.
O Maria la Tua Siena difendi;
per lei prega benigna il Signor.
E quelli dell’altre contrade? So’ tutti felici, perché ogni volta che arriva il Palio, vole di’ che i senesi l’hanno conservato. L’eternità ‘un finisce mai e se i contradaioli lo terranno di conto, una volta per uno toccherà a tutti di vince e poi rivince. Basta ave’ pazienza e spera’ che ‘un facciano danno quelli sulla terra.
Tanti anni fa tutti i veri senesi defunti si ritrovarono insieme. Dopo tante riunioni scrissero una canzone, che vole di’ tutto sull’amore che hanno prima per Siena e poi per il Palio. Per farcela conoscere una notte fecero prende un coccolone di paura a uno, che si svegliò di soprassalto e iniziò a scrivere parole speciali, senza rendersene nemmeno conto. Poi le lesse e pianse.
Volgi un guardo, o Celeste Regina,
alla nostra città a Te diletta:
mira un Popol fidente che aspetta
il soccorso del Santo Tuo Amor
O Maria la Tua Siena difendi;
per lei prega benigna il Signor.
Nelle mille vicende, che tutto
quaggiù tessono il vivere umano.
chi mai volse a Te supplici invano
le pupille, o Regina del Ciel?
O Maria la Tua Siena difendi;
per lei prega benigna il Signor
T’invochiamo noi pure, o Maria,
nel trascorrer del secol presente,
deh ci ascolta, o gran Vergin possente,
per noi prega pietosa il Signor.
O Maria la Tua Siena difendi;
per lei prega benigna il Signor.
Nessun commento:
Posta un commento