martedì, dicembre 24

Amicizia, una nuova primavera di valori, con l'aiuto di uno Zero per un Natale sereno. Per chi lo vorrà.


In questo Natale italiano abbastanza triste è difficile fare gli auguri, magari usando la parola felicità. Meglio la serenità, forse, meno forte ma più significativa. Siamo vissuti per quasi 30 anni in una bolla in cui ci hanno fatto credere che la felicità poteva essere comprata. Si iniziò negli anni ’80 con un piumino ed un paio di scarpe, abbiamo finito con i palmari di ultima generazione. Tutto è servito a bloccare lo sviluppo dei cervelli, non farli fermare a pensare, altrimenti c’è sempre il rischio che qualcuno si possa legittimamente incazzare. A Siena insieme ai beni di consumo ci hanno fatto anche credere di essere in un’isola felice ed invulnerabile. La cronaca e la storia di questi giorni, purtroppo, sarà ricordata anche fra mille anni. Compresi i grandi tradimenti dei quali noi che abitiamo a Siena siamo stati le vittime, non certamente i carnefici, come qualcuno vorrebbe far passare.
Adesso molti sono rimasti orfani della felicità, anche perché non sono mai stati abituati a doverla cercare oppure mai si erano posti il problema che potesse essere qualcosa di diverso da quello che toccavano. La loro felicità era a portata di mano nei beni di consumo ed in generale nel panem et cirsenes italico. Non sono io il miglior esempio di persona lontana dai beni materiali, tutt’altro, ma almeno quando mi affeziono ad un oggetto lo faccio con la consapevolezza che facendo una cavolata inutile. Una scusante? Forse no, anzi spero di si!
Il binario dei beni materiali non porta infatti da nessuna parte se non all’insoddisfazione perpetua, visto che sarà sempre una corsa a qualcosa che non si ha e che si vorrebbe avere. Il binario della “bellezza”, pur essendo anch’esso infinito, porta invece alla serenità. Se fossero due rette una sarebbe orizzontale mentre l’altra, quella della bellezza, sarebbe sicuramente verticale, puntata verso l’alto.
Per questo il miglior augurio che posso fare in questo Natale a tutti è di proseguire nella ricerca della “bellezza”, quella soggettiva, che se raggiunta può dare anche la serenità. Non esiste una ricetta per farlo ed è giusto che ognuno lo faccia come meglio crede, se lo vorrà. Dopo tutto non è un obbligo essere felici. E’ una scelta anche voler stare da soli, isolarsi e stare male. Ha la stessa dignità del pranzone familiare o con gli amici. Ognuno ha il diritto soggettivo di scegliere la propria strada e quello che fare della propria vita, senza condizionamenti o stereotipi di comportamento da seguire.
Ai miei amici auguro questo. Di poter scegliere e nella scelta di seguire la via della serenità. Loro sanno che ci sono ci sarò sempre. Non sono costante ed alle volte sparisco, ma loro sanno che ci sono sempre. L’amicizia, sempre usando la metafora delle rette, non si misura con la lunghezza del tempo che si trascorre insieme o dalla frequenza delle telefonate, ma dalle altezze che insieme si toccano. In amicizia ho sbagliato molto, come tutti del resto. Mi piace anche chiedere scusa quando mi rendo conto di aver sbagliato, oppure quando va fatto pur sapendo di aver ragione. Se gli amici passano vuol dire che amicizia vera non era, ma si trattava di mera convenienza, almeno da una parte, se non bastano neppure le scuse. L’amicizia deve andare oltre e sopra a tutto. In questo Natale voglio dunque dedicare un pensiero a tutti i miei amici, quelli veri, che sento spesso oppure poco, ma che quando ci vediamo è come se ci fossimo lasciati cinque minuti prima. Buon Natale a tutti loro, buon Natale anche a chi di amici ne ha pochi, per sua scelta o perché... è andata così. Buon Natale con una canzone di Renato Zero che mi piace molto. Si chiama "Cercami" (testo Renato Zero, musica Renato Zero e Gianluca Podio).


Cercami
come quando e dove vuoi
cercami
è più facile che mai
cercami
non soltanto nel bisogno
tu cercami
con la volontà e l'impegno...rinventami!
Se mi vuoi
allora cercami di più
tornerò
solo se ritorni tu
sono stato invadente
eccessivo lo so
il pagliaccio di sempre
anche quello era amore però...
Questa vita ci ha puniti già
troppe quelle verità
che ci son rimaste dentro...
Oggi che fatica che si fa
come è finta l'allegria
quanto amaro disincanto...
Io sono qui
insultami,feriscimi
sono così
tu prendimi o cancellami...
Adesso si
tu mi dirai che uomo mai...ti aspetti.
Io mi berrò
l'insicurezza che mi dai
l'anima mia
farò tacere pure lei
se mai vivrò
di questa clandestinità per sempre...
Fidati
che hanno un peso gli anni miei
fidati
e sorprese non avrai
sono quello che vedi
io pretese non ho
se davvero mi credi
di cercarmi non smettere no...
Questa vita ci ha puniti già
l'insoddisfazione è qua
ci ha raggiunti facilmente...
così poco abili anche noi
a non dubitare mai
di una libertà indecente
io sono qui
ti servirò ti basterò
non resterò
una riserva, questo no...
Dopo di che
quale altra alternativa può...salvarci!
Io resto qui
mettendo a rischio i giorni miei
scomodo si
perché non so tacere mai...
Adesso sai
senza un movente non vivrei..comunque.
Cercami...cercami...non smettere

sabato, novembre 2

Non mi piace proprio la “Tassa sull’aria”. Vorrebbero "canalizzarci" nei centri commerciali a comprare cose inutili piuttosto che nei boschi a cercare funghi, forse.

Non ho mai parlato di politica o di religione in questo piccolo contenitore di appunti, essendo due argomenti che notoriamente dividono le opinioni. Mi piace scrivere di “bellezza” in tutte le sue accezioni (compresi i suoi opposti), in quanto simbolo universale di unione ad ogni latitudine di questa nostra terra.
Fin da piccoli ci massacrano con pseudo immagini del “perfetto”, quasi tutte con lo sfondo di un prato verde e abbondanza di alberi e colori vivaci. E’ indubbio infatti che la natura sia il simbolo per eccellenza della perfezione. Qualcuno pensa che questa sia dovuta a meccanismi di generazione e rigenerazione infallibili, altri invece che tutto ciò che ci circonda sia “caos” assoluto, nell’interpretazione biblica del termine, ovvero insieme di disordine dove non vige nessuna regola (più o meno), una confusione talmente grande da apparire un unicum. Questo per significare che anche dell’immagine più giusta e perfetta ci possono essere visioni completamente opposte.
Per questo non penso di aver ragione “a prescindere” e quanto scritto sotto possa essere anche sbagliato ed il “legislatore” abbia invece fatto una norma perfetta.
Ieri dopo quasi venti anni, più o meno, sono tornato nel bosco a passeggiare in cerca di funghi. Di solito ci vado con la mountain bike o semplicemente a camminare. Come ai “vecchi tempi” non ho trovato nulla, se non un porcino di scarsa dimensione. Eravamo in cinque ed abbiamo raccolto vari tipi di funghi, che dopo la selezione di Giancarlo, amico micologo che ne ha gettati diversi, sono diventati crostoni e zuppa. Totale massimo un chilo di paonazzi e altri “miceti” dai nomi latini impronunciabili, oltre a ben due porcini (uno trovato da me, lo sottolineo ancora). Cinque amici (più un’altra che si unita solo per mangiare!) che sono stati all’aria aperta dalle 10 alle 15 (pranzo al sacco), quindi hanno proseguito la giornata a tavola per la cena.
Bene, arrivo al punto. Per tutto questo abbiamo rischiato qualche migliaio di euro di multa, se fossimo stati trovati da qualche solerte controllore dei boschi (e di chi va per funghi) senza il tesserino (13 euro di versamento) e senza seguire le regole. Non ci credete? Questi alcuni reati che potremmo aver “commesso”: Raccolta di funghi epigei spontanei senza autorizzazione costituita dalla ricevuta di versamento intestato alla Regione Toscana al di fuori del comune di residenza: euro 80, oltre al sequestro dei funghi detenuti in violazione della legge. Se il classico bastone venisse identificato come uno strumento del successivo articolo “Raccolta di funghi epigei spontanei con l’uso di rastrelli, uncini o altri mezzi che possono danneggiare lo strato umifero del terreno, il micelio fungino o l’apparato radicale della vegetazione” saremo incorsi in altri 80 euro di multa. Non parliamo poi dello zaino nel quale erano riposti i nostri paonazzi e i due porcini. Certamente avremo preso altri 80 euro per la violazione dell’articolo che dice: “Raccolta di funghi epigei spontanei riponendoli in contenitori che non siano rigidi o a rete, aerati ed idonei a garantire la diffusione delle spore. Sicuramente camminando in modo cialtronesco nel bosco avremo disatteso anche l’articolo che vieta: “Distruggere o danneggiare i carpofori fungini di qualsiasi specie”. Non so cosa cavolo siano i carpofori, ma altri 80 euro di multa li abbiamo meritati sicuramente immagino. Sorvolo sulla raccolta di castagne dove c’era un cartello che prevedeva sanzioni penali (furto) in caso di raccolta (anche se il bosco non era recintato, non mantenuto a dovere etc…)
Tutto questo è normato dalla Legge Regionale legge regionale n. 16 del 22/3/1999, che per i residenti in Toscana prevede il versamento di 13 euro per un’autorizzazione valida sei mesi oppure 25 euro per un anno. Se un turista avesse l’ardire di andare per funghi nel bosco dovrà pagare 15 euro per un giorno, oppure 40 euro per sette giorni consecutivi. A questo si uniscono le mitiche multe per divieto di sosta che hanno trasformato le strade di campagna nel più grosso conciliabolo di automobilisti indisciplinati della storia dell’automobile! Consideriamo poi che l’ingresso ai Musei Vaticani e la Cappella Sistina costa 16 euro, dunque un euro in più dei nostri boschi. Un affarone dunque! Se poi pensiamo che il tetto del Duomo ne costa 25 di euro, beh… sono proprio regalate le nostre campagne sia ai senesi che ai turisti! Suvvia! Guai ad arrabbiarsi!
In ogni caso faccio un appello ai genitori. Se vostro figlio vi chiede di andare nel bosco a cercare i funghi mettete il suo canale tv preferito, dategli la più pesante merendina confezionata, andate a comprargli figurine, caramelle gommose o altre schifezze del genere, ma non portatelo a cercare i funghi, se non avete il tesserino, altrimenti in caso di controllo rischiate di provocargli un trauma infantile.
Se vedete un turista intento ad andare a passeggiare nel bosco armato di paniere e bastone bloccatelo e mettetelo in guardia sulle regole della nostra bella Toscana. Altrimenti immagino la scena, con il “guardiano della legalità boschiva” che a gesti prova a fargli capire che sta per fargli una multa. Una scena tipo Totò e Peppino a Milano, ma a parti inverse. Non credo infatti che sia un titolo necessario per assurgere a “guardiano della legalità boschiva” il Pet (in sintesi un certificato di conoscenza di una lingua straniera). Sorvolo sull’educazione, la gentilezza e le buone maniere.
La mia è una provocazione, ma questa del tesserino per andare nei boschi a cercare i funghi mi appare in tutto e per tutto una “tassa sull’aria”, niente di più niente di meno. Ma ci vorrebbe tanto a scrivere nel finale della legge che…tutto questo non si applica in caso di raccolta di funghi sotto un kg di quantità? Al limite va bene anche mezzo chilo! Lasciamo che la gente vada a passeggiare nel bosco e non solo nei centri commerciali, che trovi pure tre o quattro funghi per cucinarli la sera, lasciamo che la gente viva il territorio senza creare regole e lacci che impediscono fisicamente l’accesso al territorio stesso. Il miglior modo per proteggere e tutelare l’ambiente è viverlo. Su questo non ho dubbi. Oggi come oggi andare al “dighino” sulla Merse a fare il bagno è quasi impossibile. O ci arrivi a piedi, in bici, in taxi, o volando, oppure se vai in auto o in moto c’è il rischio della multa pesante (vero Duccio?), nel caso passi chi controlla. Mi piacerebbe che lo stesso zelo nei controlli fosse messo per fermare gli assassini che gettano o seppelliscono di tutto nei campi, dalle lattine fino ai rifiuti più complessi. Il pericolo per il bosco sono le persone che ci “lasciano” qualcosa, non certo quelli che “prendono” qualcosina come del resto l’uomo fa fin dalla sua apparizione sulla terra, milioni i milioni di anni fa. Ovvio però che vada rispettata la proprietà privata. Avere un bosco, essere benestanti, recintarlo, non è un reato, tutt’altro. E’ un diritto legittimo. Ma dove recinti non ci sono, francamente devono vigere solo le regole del buon senso, dell’educazione, del rispetto del bosco e della natura in generale. Ma qua rischio di entrare nella demagogia e mi fermo.
Ho la nettissima sensazione che oggi i cittadini non siano considerati “utenti” del territorio, ma solo consumatori che devono consumare, lavorare (se c’è lavoro) e in ogni caso spendere tutto in cibo o altro materiale di consumo che passa nella pubblicità Spendere, spendere, consumare, questi i dogmi! Guai se diventiamo “utenti” dell’ambiente, usciamo di casa, apprezziamo una passeggiata nel bosco. Guai a trovare un paio di funghi, dobbiamo solo andare a comprarli se li vogliamo. Se vengono dell’Ucraina, dalla Romania e vengono forse “trattati” ‘per affrontare mille km su un camion non importa. Voi fare due passi? Vai in un centro commerciale! Meglio fermarmi qua… è meglio.
Chiosa finale… per evitare querele dico, ribadisco e sottolineo che le leggi ci sono e vanno rispettate, che non pagare il tesserino per cercare i funghi è reato e non va fatto. Dura lex sed lex.
In ogni caso il mio vuole essere solo un semplice diritto di critica, spero concesso. Ho trattato un argomento stupido? Sicuramente si, ci sono altri temi più importanti. Ma è altrettanto vero che ci sono siti molto più importanti che ne parlano. Io mi limito alla “bellezza” nei suoi opposti. Dopo tutto “Il cuore si accontenta di quello che il cuore può ottenere “(Cleveland Brown cit, quello dei cartoni animati).

Per la sintesi finale vi lascio un sonetto di Shakesperare, da leggere e interpretare. A queste non può che seguire il testo di “Che sarà” di José Feliciano, una delle mie canzoni preferite. 

 
Sonetto LXVI
Stanco di tutto questo, quiete mortale invoco,
vedendo il merito a mendicare nato,
e vuota nullità gaiamente agghindata,
e pura fede miseramente tradita,
ed i più grandi onori spartiti oscenamente,
e la casta virtù fatta prostituta,
e retta perfezione cadere in disgrazia,
e la forza avvilita da un potere impotente,
e il genio creativo per legge imbavagliato,
e follia dottorale opprimere saggezza,
e creduta stupidità la sincera franchezza,
e il bene, del male condottiero, reso schiavo,
stanco di tutto questo, da ciò vorrei poter fuggire,
non fosse che, morendo, lascerei solo il mio amore.


Che sarà (José Feliciano)
Paese mio che stai sulla collina
disteso come un vecchio addormentato;
la noia
l'abbandono
il niente
son la tua malattia,
paese mio ti lascio
io vado via.

Che sarà
che sarà
che sarà
che sarà
della mia vita
chi lo sa!
So far tutto o forse niente
da domani si vedrà
e sarà
sarà quel che sarà.

Gli amici miei son quasi tutti via
e gli altri partiranno dopo me
peccato perche stavo bene in loro compagnia,
ma tutto passa
tutto se ne va.

Che sarà
che sarà
che sarà
che sarà
della mia vita
chi lo sa!
Con me porto la chitarra
e se la notte piangerò
una nenia di paese suonerò.

Amore mio ti bacio sulla bocca
che fu la fonte del mio primo amore
ti do appuntamento
come quando non lo so
ma so soltanto che ritornerò.

Che sarà
che sarà
che sarà
che sarà
della mia vita
chi lo sa!
Con me porto la chitarra
e se la notte piangerò
una nenia di paese suonerò.

Che sarà
che sarà
che sarà
che sarà
della mia vita
chi lo sa!
So far tutto o forse niente
da domani si vedrà
e sarà
sarà quel che sarà.



Que Serà
(José Feliciano, versione originale spagnola)
Pueblo mió
que estas en la colina
tendido como un viejo que se muere
la pena el abandono
son tu triste compañía
pueblo mió te dejo sin alegría

Que será que será que será
que será de mi vida que será
si se mucho o no se nada
ya mañana se vera
y será será lo que será

Ya mis amigos se fueron casi todos
y los otros partirán después que yo
lo siento porque amaba
su agradable compañía
mas es mi vida tengo que marchar

Que será que será que será
que será de mi vida que será
en la noche mi guitarra
dulcemente sonara
y una niña de mi pueblo llorara

Amor mió me llevo tu sonrisa
que fue la fuente de mi amor primero
amor te lo prometo como y cuando no lo se
mas se tan solo que regresare

Que será que será que será
que será de mi vida que será
en la noche mi guitarra
dulcemente sonara
y una niña de mi pueblo soñara

Que será que será que será
que será de mi vida que será
en la noche mi guitarra
dulcemente sonara
y una niña de mi pueblo llorara

lunedì, ottobre 28

Siamo stati creati tutti uguali nell’amore. Un pensiero per il ragazzo che è volato in basso per risalire verso il cielo


Da molto tempo non scrivevo nulla su questa mia lavagna virtuale. Mi riprometto di riprendere con maggiore costanza nelle prossime settimane, quando e se avrò qualcosa da dire. Da due giorni penso ad “una Parte della Bellezza” di questa nostra sgangherata terra, che ha scelto di volare in basso, sperando di risalire verso il cielo. Mi riferisco al ragazzo di Roma che si è tolto la vita, lasciando un biglietto terribile, una denuncia che allo stesso tempo è anche un grido di dolore profondo, un “non sentirsi” parte di questa terra e scegliere così di andare altrove: “Sono gay. L’Italia è un Paese libero ma esiste l’omofobia e chi ha questi atteggiamenti deve fare i conti con la propria coscienza”. Queste le terribili parole che ha lasciato scritte in un biglietto prima del suo volo verso l’infinito. Come detto sopra, mi hanno fatto tornare in mente (parafrasando) le parole di uno dei miei scrittori preferiti Fabio Volo (eh si… Tolstoj mi annoia…): “Era come se andando via in realtà avessi preso la rincorsa per tornare più vicino”. Il suo terribile gesto è stato infatti anche un grido forte, una freccia lanciata in basso, che risalendo verso il cielo resterà nella mente di chi ancora pensa che l’identità sessuale sia un difetto, o peggio altro ancora. Omofobia, detto in una parola. Per chi non lo sapesse (faccio volutamente una forzatura di questo terribile fatto di cronaca) nei campi di concentramento gli omosessuali erano identificati con un triangolo rosa sulla loro divisa da prigioniero.

Non so se ho amici omosessuali, perché francamente non mi pongo il problema di chi voglia baciare o con chi voglia fare l’amore la mia amica o il mio amico. L’importante è la felicità ed ognuno ha diritto a scegliere quella che preferisce, seguendo il cuore. Ritengo già di per sé una discriminazione affermazioni del tipo “Ho amici gay”, oppure “A me non danno fastidio” o altro, perché alle volte nascondono dentro di sé il gene dell’intolleranza. Non commento neppure chi considera l’omosessualità una devianza oppure una malattia, degna o bisognosa di cure mediche o psicanalitiche. Forse qualche persona è talmente infelice da voler indicare agli altri la strada verso la felicità, visto che la loro e' solo un miraggio.

Tanto per essere chiari mi piacciono poco (ma non mi danno fastidio) le manifestazioni di massa, spesso provocatorie, che non portano neppure un mattone alla costruzione della “cattedrale della tolleranza”, ma che al contrario hanno solo la conseguenza di radicalizzare le posizioni.

Il giorno in cui non si parlerà più di etero ed omosessuali sarà un traguardo, perché vorrà dire che quel giorno non ci sarà più bisogno di manifestare il malessere o l’assenza di diritti.

In questo minestrone di pensieri aggiungo anche che non sono favorevole a priori alle adozioni per le coppie omosessuali, ma sono anche convinto che un bambino stia molto meglio in casa con due persone che si amano piuttosto che in un orfanotrofio dove può succedere di tutto, oppure gettato in una strada in qualche posto dimenticato da Dio e dagli uomini. Ma questo non c’entra nulla con questo post, proprio nulla. Era solo per far capire che non si deve confondere e mettere nello stesso calderone il diritto di cittadinanza ed il diritto alla felicità di una coppia di persone con le adozioni. Sono infatti semplificazioni e sintesi che bloccano la scrittura di ogni altra regola di civiltà e radicalizzano le posizioni.

“Vorrei donare il tuo sorriso alla luna perché di notte chi la guarda possa pensare a te. Per ricordarti che il mio amore è importante, che non importa ciò che dice la gente…”. Sono le parole di una canzone di Tiziano Ferro dedicate, credo, anche al suo compagno.

Ieri sera a “Che tempo che fa” Massimo Granellini (un grandissimo) ha parlato di questo caso ed ha citato il mito di Aristofane o dell’androgino tratto dal Simposio di Platone (non un Lello qualsiasi...). Sotto ho messo la sintesi di Wikipedia, poi per i più avventurosi il pdf dell’opera del grande filosofo greco, vissuto circa 2500 anni fa. A quel tempo non esistevano forme di disciminazione per l’omosessualità, visto che era "solo" uno dei due orientamenti sessuali.

Rende alla grandissima l’idea. 
Morale finale. Tutte le persone su questa benedetta o maledetta terra sono state create uguali ed hanno gli stessi diritti, gli stessi doveri e devono avere anche le stesse opportunità, prima fra tutte quella di vivere la “felicità” che singolarmente o in coppia ciascuno sceglie. 
Conta solo l’amore.

 



Mito di Aristofane o dell'androgino

(Tratto da Wikipedia)



Il mito di Aristofane (o mito dell'androgino) è presente nel celebre dialogo platonico Simposio, che si propone di trattare l'immortale tema dell'amore. Dopo l'esposizione di Fedro, Pausania ed Erissimaco, inizia a parlare Aristofane, il famoso poeta comico, che sceglie il mito come veicolo della sua opinione su Eros. Tempo addietro - espone il poeta - non esistevano, come adesso, soltanto due sessi (il maschile e il femminile), bensì tre, tra cui, oltre a quelli già citati, il sesso androgino, proprio di esseri che avevano in comune caratteristiche maschili e femminili. In quel tempo, tutti gli esseri umani avevano due teste, quattro braccia, quattro mani, quattro gambe e due organi sessuali ed erano tondi. Per via della loro potenza, gli esseri umani erano superbi e tentarono la scalata all'Olimpo per spodestare gli dei. Ma Zeus, che non poteva accettare un simile oltraggio, decise di intervenire e divise, a colpi di saetta, gli aggressori.


"Finalmente Zeus ebbe un'idea e disse: "Credo di aver trovato il modo perché gli uomini possano continuare ad esistere rinunciando però, una volta diventati più deboli, alle loro insolenze. Adesso li taglierò in due uno per uno, e così si indeboliranno e nel contempo, raddoppiando il loro numero, diventeranno più utili a noi. "

(Platone, Simposio, 190c-d, trad. it. Franco Ferrari)


In questo modo gli esseri umani furono divisi e s'indebolirono. Ed è da quel momento - spiega Aristofane - che essi sono alla ricerca della loro antica unità e della perduta forza che possono ritrovare soltanto unendosi sessualmente. Da questa divisione in parti, infatti, nasce negli umani il desiderio di ricreare la primitiva unità, tanto che le "parti" non fanno altro che stringersi l'una all'altra, e così muoiono di fame e di torpore per non volersi più separare. Zeus allora, per evitare che gli uomini si estinguano, manda nel mondo Eros affinché, attraverso il ricongiungimento fisico, essi possano ricostruire "fittiziamente" l'unità perduta, così da provare piacere (e riprodursi) e potersi poi dedicare alle altre incombenze cui devono attendere.


"Dunque al desiderio e alla ricerca dell'intero si dà nome amore "

(Platone, Simposio, 192e-193a, trad. it. Franco Ferrari)


Siccome i sessi erano tre, due sono oggi le tipologie d'amore: il rapporto omosessuale (se i due partner facevano parte in principio di un essere umano completamente maschile o completamente femminile) e il rapporto eterosessuale (se i due facevano parte di un essere androgino).

La caratteristica interessante del discorso di Aristofane risiede nel fatto che la relazione erotica fra due esseri umani non è messa in atto per giungere a un fine quale potrebbe essere la procreazione, ma ha valore per se stessa, prescindendo così dalle conseguenze.




Grazie al sito www.ousia.it potete scaricare il pdf del Simposio di Platone. 

lunedì, luglio 29

In mezzo del cammin di nostra Italia, fra Umbria e Abruzzo

Nuovamente in partenza, ancora in viaggio, strada facendo capirò anche verso dove sto andando. Da qualche mese non scrivevo più. Forse non avevo nulla da dire e forse non ho da dire niente nemmeno adesso. Anche questo lo vedremo strada facendo. Ogni viaggio che faccio con la bici mi piace che inizi con un trasferimento, come per staccare nettamente dalla vita “vita civile”. Questa volta ho caricato la bici in treno e scenderò a Chiusi. Da lì mi dirigerò verso Todi dove vorrei trovare da dormire, se possibile, dopo un’ottantina di chilometri attraverso strade secondarie. Domani poi sarà un altro giorno ed andrò verso l’Abruzzo. Voglio esplorare la bellissima Umbria, per poi andare verso L’Aquila ed il parco del Gran Sasso. Ovviamente sono ancora 100 chili, credo, forse 101 e sarà durissima. Di solito il mio peso “forma” da viaggio è attorno ai 90-95 kg, sempre moltissimi, ci mancherebbe, ma sufficienti a non morire di fatica. So che dovrò andare molto piano e stare attento alle salite, visto che sono troppo “buzzicone” per passarle in agilità. Dovrò fare appello al cuore, alla testa, alla voglia di arrivare in cima ai passi appenninci che mi troverò di fronte, cercando di prendere energia dalla strada. Dovrebbe durare circa 6 giorni questo girovagare “In mezzo al cammin di nostra Italia”, sperando di tornare a Siena sabato sera, al più tardi domenica. Non credo che tornerò migliore né peggiore da questo ennesimo viaggio in solitaria su due ruote. Tonerò più consapevole della forza della bellezza della natura e forse rafforzato nelle mie convinzioni, in quello in cui credo ed in tutto ciò che amo. A casa, gli amici, la mia compagna, hanno oramai pazienza, sanno che non mi possono fermare, come è giusto che sia. 

Mi piace iniziare i viaggi che non sai dove ti porteranno. Ho programmato pochissimo, praticamente nulla. So soltanto che in Umbria ed in Abruzzo ci sono posti e panorami bellissimi e questo mi basta. Le cartine le ho prese, non mi dovrei perdere, forse, o almeno spero. Sicuramente scoprirò qualche mio nuovo limite, visto che solo nelle situazioni estreme questi si manifestano. Ben difficilmente si palesano di fronte a noi in mezzo alle comodità e a tutta la quotidianità che ha il grande pregio di uccidere la testa ed i pensieri.
E’ in questi momenti, mentre pedalo da solo su una montagna che mi arriva l’ennesima conferma di quanto sia bella da vivere la vita, senza subirla passivamente o subendo le imposizioni di altri. Le difficoltà quando arriveranno (perché sicuramente arriveranno) mi daranno la conferma di non essere invulnerabile, che non possiamo controllare tutto e tutti. Per questa ragione potrò affrontarle con il sorriso, come l’ennesima occasione di fare esperienza, sperando ovviamente che non siano brutte cose, ci mancherebbe!
Non si deve aver paura ad intraprendere percorsi sconosciuti, perché sarà proprio l’esperienza il nostro miglior premio. Sarà bello stare insieme al silenzio, circondato solo dai rumori della natura, sperando di non trovare troppe auto e camion! Non capisco, ma neppure li condanno, tutti quelli che indossano le cuffiette per andare a correre o peggio ancora in bici. Ma con tutti i rumori della vita quotidiana è così brutto il silenzio?!?! Vabbé, “de gustibus non est disputandum”, avrebbero detto i latini. Tutti i gusti so’ gusti, si dice a Siena.
Ma così è… il treno corre lungo la ferrovia, fra un’ora arriverò a Chiusi, sperando che smetta alla svelta il puzzo di ossido di carbonio che ha permeato tutto il treno, complice la mezz’oretta passata a motore acceso dentro la stazione, spero. 
Lo scorso anno feci quasi un diario quotidiano del viaggio lungo la Francigena. Questa volta non sarà così. Scriverò quando ci sarà qualcosa di bello di cui parlarvi, o qualcosa da raccontare. Vedremo. Non voglio programmare nulla, ma vivere alla giornata, mangiare quello che trovo, dormire dove mi verrà bene e bere acqua (e birra…) fresca. 
Ecco, ho appena passato Sinalunga, oramai manca poco a Chiusi, meglio provare il gps, per vedere quanto manca ad arrivare. Opplà… prima sorpresona, per il secondo anno ho sbagliato a caricare le mappe e sarò senza l’assistenza della tecnologia! Mi dovrò orientare con le sole cartine. Vabbé, poco male, chiederò alla gente lungo la strada e si mi perdo, mi ritrovo… Nel frattempo avrò subito il primo problema, uscire da Chiusi! Mah… forse ce la farò… almeno per questo, il resto è tutto da scrivere e pedalare, fatica e 100 kg permettendo. A proposito, le foto sono scaricate da internet, non le ho fatte io. Il panorama a Chiusi non è proprio così. Ha il suo perché, anche se è tutto da scoprire.

Ulterya y Suseya, Lello



La canzone che oggi rende l’idea di quanto scritto, la piccola colonna sonora della giornata è “Il mio canto libero” di Lucio Battisti, spero piaccia anche a voi.





In un mondo che
non ci vuole più
il mio canto libero sei tu
E l'immensità
si apre intorno a noi
al di là del limite degli occhi tuoi
Nasce il sentimento
nasce in mezzo al pianto
e s'innalza altissimo e va
e vola sulle accuse della gente
a tutti i suoi retaggi indifferente
sorretto da un anelito d'amore
di vero amore
In un mondo che - Pietre un giorno case
prigioniero è - ricoperte dalle rose selvatiche
respiriamo liberi io e te - rivivono ci chiamano
E la verità - Boschi abbandonati
si offre nuda a noi e - perciò sopravvissuti vergini
e limpida è l'immagine - si aprono
ormai - ci abbracciano
Nuove sensazioni
giovani emozioni
si esprimono purissime
in noi
La veste dei fantasmi del passato
cadendo lascia il quadro immacolato
e s'alza un vento tiepido d'amore
di vero amore
E riscopro te
dolce compagna che
non sai domandare ma sai
che ovunque andrai
al fianco tuo mi avrai
se tu lo vuoi
Pietre un giorno case
ricoperte dalle rose selvatiche
rivivono
ci chiamano
Boschi abbandonati
e perciò sopravvissuti vergini
si aprono
ci abbracciano
In un mondo che
prigioniero è
respiriamo liberi
io e te
E la verità
si offre nuda a noi
e limpida è l'immagine
ormai
Nuove sensazioni
giovani emozioni
si esprimono purissime
in noi
La veste dei fantasmi del passato
cadendo lascia il quadro immacolato
e s'alza un vento tiepido d'amore
di vero amore
e riscopro te

venerdì, aprile 19

La primavera torna, le nevi dell’inverno si sciolgono e la loro acqua ci infonde nuova energia. Lo dice Coelho, ma forse sono in tanti a pensarlo

Mi sono imbattuto per caso in una poesia attribuita a Jorge Luis Borges. Mi ha colpito molto, forse per il sole che adesso è su Siena o forse per la primavera che ormai ha vinto la sua battaglia contro l'inverno e ci prepara alla prossima estate. Rinascono le piante, gli alberi fioriscono, tutto torna ad essere verde, pieno di sapori e profumi. Mi è tornata anche la voglia di tornare in bici, pedalare sulle strade più belle del mondo, quelle della terra di Siena. Senza dubbio alcuno dal punto di vista delle emozioni che la natura stimola in noi è il momento più bello dell'anno. Non a caso la primavera inizia con l'equinozio e la luce che prevale sulle ombre della notte.
"Quando ci sentiamo affranti e deboli, tutto ciò che dobbiamo fare è aspettare. La primavera torna, le nevi dell’inverno si sciolgono e la loro acqua ci infonde nuova energia", come ci ricorda Paulo Coelho in Aleph.  Spetta a noi scegliere se uscire fuori a toccarla, oppure rimanere nella notte senza desiderla, ben sapendo che tutti hanno (devono avere) diritto alla primavera.




Una bellissima foto tratta dalla pagina http://www.flickr.com/photos/askeholst/ di Aske Holst 


Istanti
Se io potessi vivere un'altra volta la mia vita
nella prossima cercherei di fare più errori
non cercherei di essere tanto perfetto,
mi negherei di più,
sarei meno serio di quanto sono stato,
difatti prenderei pochissime cose sul serio.
Sarei meno igienico,
correrei più rischi,
farei più viaggi,
guarderei più tramonti,
salirei più montagne,
nuoterei più fiumi,
andrei in posti dove mai sono andato,
mangerei più gelati e meno fave,
avrei più problemi reali e meno immaginari.
Io sono stato una di quelle persone che ha vissuto sensatamente
e precisamente ogni minuto della sua vita;
certo che ho avuto momenti di gioia
ma se potessi tornare indietro cercherei di avere soltanto buoni momenti.
Nel caso non lo sappiate, di quello è fatta la vita,
solo di momenti, non ti perdere l'oggi.
Io ero uno di quelli che mai andava in nessun posto senza un termometro,
una borsa d'acqua calda, un ombrello e un paracadute;
se potessi vivere di nuovo comincerei ad andare scalzo all'inizio della primavera
e continuerei così fino alla fine dell'autunno.
Farei più giri nella carrozzella,
guarderei più albe e giocherei di più con i bambini,
se avessi un'altra volta la vita davanti.
Ma guardate, ho 85 anni e so che sto morendo.

venerdì, marzo 29

Auguri a tutti, passate una buona Pasqua, se questo sarà il vostro volere. Nell’uovo un biglietto con le parole più belle: “Sorridi, senza ragione, ama come se fossi un bambino, sorridi, non importa quel che ti dicono. Non ascoltare una sola parola, perché la vita è bella così”.

Sono talmente incoerente che le mie due canzoni preferite sono “Beautiful that way” cantata da Noa e “Vedrai, vedrai” di Luigi Tenco, due poesie dal contenuto quasi opposto, ma proprio per questa ragione assolutamente complementari e sovrapponibili, come il bianco ed il nero, come il giorno e la notte. Nessuno di noi ha il dono di essere così perfetto da non cadere mai nei due opposti, riuscendo sempre a camminare sul sottile filo che li separa. E' impossibile, così come non è possibile suonare il pianoforte, far uscire le note nella loro bellezza, se non toccando i tasti, quelli bianchi e gli altri neri. Dopo tutto uno dei grandi privilegi di appartenere al genere umano è quello di non avere l’obbligo della perfezione, ma solo la facoltà di perseguirla, pur sapendo che è irraggiungibile.

Proprio per questo dubito moltissimo di coloro che sono pieni di certezze, quelli che in apparenza non hanno mai debolezze o fragilità. E’ infatti evidente che ciò non sia umano, dunque si tratta di un atteggiamento falso, che magari nasconde ansie o inquietudini ben più profonde. Meglio chi, con le mani nude, non nasconde sé stesso, né le cicatrici o i tatuaggi che porta. Al contrario amo frequentare amici o conoscere persone che siano eccezionali ai miei occhi, per i quali possa avere vera stima, perché solo così potrò dare e ricevere amicizia o affetto, oppure il semplice rispetto. Non è una stupida e falsa modestia, ma una realtà. Si può essere amici o provare affetto verso una persona che non si stima? Penso proprio di no. E’ questo, forse, il confine fra il conoscente e l’amico. E’ la qualità dell’incontro, la predisposizione interiore che abbiamo mentre siamo insieme, non certamente la frequenza del contatto la vera linea di demarcazione. Magari sento vera amicizia (ricambiata) con vecchi compagni di scuola che vedo ogni cinque anni, piuttosto da chi vedo (non per scelta) ogni giorno.

Ma sto divagando.

E’ tempo di Pasqua, simbolo cristiano della resurrezione e della vita che rinasce. Anche l’equinozio di primavera appena passato è il segno che il giorno e la luce hanno vinto la loro battaglia sulla notte ed il buio dell’inverno, nell’infinito alternarsi delle stagioni.

Vorrei tanto che anche per la mia città arrivasse presto l’equinozio e che luce vera sia fatta sulle nostre istituzioni migliori, trasformate in macerie maleodoranti da atteggiamenti ed azioni criminali e dolose. Oltre a questo c'è un'altra gravissima colpa, purtroppo non compresa nel codice penale, quella di aver ucciso la speranza di molti. Ho fiducia nell’opera dei magistrati, tantissima, ben cosciente che solo dopo la pulizia totale dal malaffare Siena potrà avere il suo equinozio e nuova vita. Guai a chi vorrebbe far passare tutti i senesi ‘colpevoli’, per il solo fatto di aver vissuto in questa meravigliosa città. L’equazione è di quelle più classiche, visto che ‘tutti colpevoli’ equivale a ‘nessuno colpevole’. Le responsabilità penali, per fortuna, sono personali e chi ha sbagliato, quando il tribunale lo stabilirà, dovrà pagare senza sconti. Nel frattempo abbiamo due alternative, entrambe corrette: lasciare Siena (e l’Italia) andando a lavorare altrove per almeno tre anni, oppure restare, cercando di far ancora meglio il proprio lavoro (fin che c’è), impegnarsi di più, pur sapendo che nulla sarà più come prima, ma che comunque Siena è e sarà sempre il posto dove vogliamo vivere e dove vorremmo rinascere.

Ma sto divagando ancora.

Sto scrivendo questo post per fare a tutti i miei amici gli auguri di buona Pasqua, simbolo cristiano, ma anche pagano (traslando), di resurrezione e di ripartenza. Voglio farlo prendendo in prestito le bellissime parole di Nicola Piovani: “Sorridi, senza ragione, ama come se fossi un bambino, sorridi, non importa quel che ti dicono. Non ascoltare una sola parola, perché la vita è bella così”. Quando sento queste frasi cantate dalla cantante israeliana Achinoam Nini in arte Noa, mi viene sempre la pelle d’oca, tanto che l’ho messa come suoneria del telefonino, collegandola ai numeri delle persone più care della mia vita. Ogni volta che il cellulare squilla con queste note, vuol dire che una persona a cui voglio bene mi sta cercando.

Sono parole bellissime e vorrei averle sussurrate pian pianino anche ad Alessandro, o meglio a Pandoro, giraffino molto buono e semplice, che se n’è andato in silenzio così come in silenzio e senza mai aver dato noia a nessuno ha vissuto la sua brevissima vita. Alle volte la morte arriva improvvisamente, quanto non è richiesta e non te l’aspetti, nel sonno, come per Pandoro, un ragazzo buono. Eh si, proprio un ragazzo buono.
Auguri a tutti e passate una buona Pasqua, se questo sarà il vostro volere. 
Buon viaggio anche a te, Pandoro, ragazzo giraffino buono.




Beautiful that way  
(Nicola Piovani, 1997)

Smile, without a reason why
Love, as if you were a child
Smile, no matter what they tell you
Don't listen to a word they say
'Cause life is beautiful that way

Tears, a tidal-wave of tears
Light that slowly disappears
Wait, before you close the curtain
There's still another game to play
And life is beautiful that way

Here, in his eyes forever more
I will always be as close
as you remember from before.

Now, that you're out there on your own
Remember, what is real and
what we dream is love alone.

Keep the laughter in your eyes
Soon, your long awaited prize
We'll forget about our sorrow
And think about a brighter day
'Cause life is beautiful that way

We'll forget about our sorrow
And think about a brighter day
'Cause life is beautiful that way

There's still another game to play
And life is beautiful that way

Traduzione

La vita è bella così

Sorridi, senza ragione
Ama, come se fossi un bambino
Sorridi, non importa quel che ti dicono
Non ascoltare una sola parola
perché la vita è bella così

Lacrime, un'ondata di lacrime
Luce, che lentamente si affievolisce
Aspetta, prima di chiudere il sipario
C'è ancora un altro gioco da giocare
E la vita è bella così

Qui, nei suoi occhi per sempre
Sarò sempre vicino come ricordi

Ora, che sei là fuori da solo
Ricorda, quel che è vero e quel che sogniamo è solo amore.

Tieni il sorriso nei tuoi occhi
Presto, il premio che aspettavi da tempo
Dimenticheremo il nostro dolore
E penseremo ad un giorno migliore
perché la vita è bella così

Dimenticheremo il nostro dolore
E penseremo ad un giorno migliore
perché la vita è bella così

C'è ancora un altro gioco da giocare
E la vita è bella così

Versione italiana di Lorenzo Masetti





Vedrai, vedrai 
(Luigi Tenco, 1965)

Quando la sera me ne torno a casa
non ho neanche voglia di parlare
tu non guardarmi con quella tenerezza
come fossi un bambino che ritorna deluso
si lo so che questa non è certo la vita
che hai sognato un giorno per noi
vedrai, vedrai
vedrai che cambierà
forse non sarà domani
ma un bel giorno cambierà
vedrai, vedrai
non son finito sai
non so dirti come e quando
ma vedrai che cambierà
preferirei sapere che piangi
che mi rimproveri di averti delusa
e non vederti sempre così dolce
accettare da me tutto quello che viene
mi fa disperare il pensiero di te
e di me che non so darti di più
vedrai, vedrai
vedrai che cambierà
forse non sarà domani
ma un bel giorno cambierà
vedrai, vedrai
no, non son finito sai
non so dirti come e quando
ma un bel giorno cambierà.

mercoledì, marzo 20

Il futuro nelle parole del 'dittatore' Chaplin: "Non voglio né governare né comandare nessuno. Vorrei aiutare tutti: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo unirci, aiutarci sempre, dovremmo godere della felicità del prossimo. Non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti"

Stanotte navignando in mezzo al sonno che non voleva arrivare, mi sono imbattuto nella trascrizione del monologo di Charlie Chaplin nel film "Il grande dittatore", quando nei panni di Adenoid Hynkel, dittatore di Tomania, enuncia quello che, forse, è il suo pensiero. Sono parole bellissime e di straordinaria attualità, se traslate a quello che stiamo vivendo in questi anni di terribile crisi. E' proprio rileggendo la storia, anche quella che ci hanno lasciato capolavori come "Il grande dittatore" che si può provare a ricostruire il presente. 
Sono gli esempi e la saggezza i punti cardinali per la ripartenza, assieme ai valori e l'impegno. Non importa la latitudine del tempo nella quale sono state pronunciate, neppure la platea che le ha ascoltate. Mantenere i propri impegni con la famiglia ed il proprio lavoro, anche nel chiuso di una stanza o di un’azienda è già un grandissimo passo ed un mattone per la ripartenza. 
Non credo che il mondo, l'Italia, ritroverà una nuova primavera attraverso gli atti o le parole di qualche eroe solitario e neppure ricostruendo una società fatta dalla sommatoria dei singoli interessi, come è accaduto negli ultimi venti anni in Italia. Mi ricordava questo il mio grande amico Michele qualche giorno fa. Il bene comune è forse qualcosa di diverso e di più "alto". Nessuno deve rimanere indietro e nessuno deve sentirsi inadeguato. Non dobbiamo avere paura dei nostri pregi o dei difetti e neppure dei nostri limiti o delle debolezze, perché tutti gli uomini ne hanno. Chiudo con le bellissime parole di Papa Francesco, che non possono non colpire tutti, credenti e non credenti, cattolici o musulmani: “Non abbiate paura della tenerezza”, che ricordano molto da vicino le parole di Karol Wojtyla quando diceva “Non abbiate paura…” unendoci di seguito tanti significati. 
La parola che andrebbe aggiunta oggi è, forse, speranza. 
La vera utopia di questi disgraziati anni.


Discorso all'umanità (Charlie Chaplin), tratto da "Il Grande dittatore"
Mi dispiace, ma io non voglio fare l’imperatore. Non voglio né governare né comandare nessuno. Vorrei aiutare tutti: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo unirci, aiutarci sempre, dovremmo godere della felicità del prossimo. Non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti. La natura è ricca e sufficiente per tutti noi. La vita può essere felice e magnifica, ma noi l’abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, fatto precipitare il mondo nell’odio, condotti a passo d’oca verso le cose più abiette. Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà, la scienza ci ha trasformati in cinici, l’abilità ci ha resi duri e cattivi. Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchine ci serve umanità, più che abilità ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità la vita è vuota e violenta e tutto è perduto. L’aviazione e la radio hanno avvicinato la gente, la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà dell’uomo, reclama la fratellanza universale. L’unione dell’umanità. Persino ora la mia voce raggiunge milioni di persone. Milioni di uomini, donne, bambini disperati, vittime di un sistema che impone agli uomini di segregare, umiliare e torturare gente innocente. A coloro che ci odiano io dico: non disperate! Perché l’avidità che ci comanda è soltanto un male passeggero, come la pochezza di uomini che temono le meraviglie del progresso umano. L’odio degli uomini scompare insieme ai dittatori. Il potere che hanno tolto al popolo, al popolo tornerà. E qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa. Soldati! Non cedete a dei bruti, uomini che vi comandano e che vi disprezzano, che vi limitano, uomini che vi dicono cosa dire, cosa fare, cosa pensare e come vivere! Che vi irregimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie! Voi vi consegnate a questa gente senza un’anima! Uomini macchine con macchine al posto del cervello e del cuore. Ma voi non siete macchine! Voi non siete bestie! Siete uomini! Voi portate l’amore dell’umanità nel cuore. Voi non odiate. Coloro che odiano sono solo quelli che non hanno l’amore altrui. Soldati, non difendete la schiavitù, ma la libertà! Ricordate che nel Vangelo di Luca è scritto: «Il Regno di Dio è nel cuore dell’Uomo». Non di un solo uomo, ma nel cuore di tutti gli uomini. Voi, il popolo, avete la forza di creare le macchine, il progresso e la felicità. Voi, il popolo, avete la forza di fare si che la vita sia bella e libera. Voi che potete fare di questa vita una splendida avventura. Soldati, in nome della democrazia, uniamo queste forze. Uniamoci tutti! Combattiamo tutti per un mondo nuovo, che dia a tutti un lavoro, ai giovani la speranza, ai vecchi la serenità ed alle donne la sicurezza. Promettendovi queste cose degli uomini sono andati al potere. Mentivano! Non hanno mantenuto quelle promesse e mai lo faranno. E non ne daranno conto a nessuno. Forse i dittatori sono liberi perché rendono schiavo il popolo. Combattiamo per mantenere quelle promesse. Per abbattere i confini e le barriere. Combattiamo per eliminare l’avidità e l’odio. Un mondo ragionevole in cui la scienza ed il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati! Nel nome della democrazia siate tutti uniti!»

Charlie Chaplin, Il grande dittatore (1940)

mercoledì, marzo 6

Un ramoscello di mimosa per Lucelly, con infinito rispetto per una donna barbaramente trucidata senza alcuna ragione, perché mai ragioni esistono per togliere una vita


Non so se ci sarà qualcuno che l’8 marzo metterà un rametto di mimosa fuori dal portone dove la povera Lucelly è stata barbaramente trucidata. Virtualmente uno lo poso io. E’ inaccettabile che una giovane donna di 32 anni, un essere umano, venga massacrata, a qualsiasi latitudine del mondo ci si possa trovare. Per lei è stata subito trovata una vergognosa “scorciatoia”, parlando del mestiere che dicono facesse. Immagino qualche commento del tipo: “Se l’è cercata…” o amenità analoghe, come se essere massacrati possa essere una scelta o peggio ancora possa avere una giustificazione. Se poi gli inquirenti scopriranno che l’assassino è un extracomunitario il cerchio è chiuso. La falsa moralità è salva. Siamo tutti bravi, simpatici e intelligenti. Siena è sana, al netto di pochi “mariuoli” (ovviamente sto minimizzando con ironia) che in dieci anni hanno sfilato a Siena Mps, Università, dignità, futuro, etc… Ma questa è un’altra storia.
Il pensiero di oggi è tutto per Lucelly. Ho provato a pensare quali fossero stati i suoi sogni da bambina e cosa desiderasse la prima volta che lasciò la sua terra per cercare il futuro (una vita normale) altrove. Forse sognava un lavoro come tutti gli altri, che con qualche sacrificio le consentisse di arrivare alla fine del mese e magari mandare qualcosa ai parenti in Colombia. La sua storia e la sua tragica fine non può che colpire, visto che non ci sono omicidi di serie B, ma soltanto omicidi, schifosi e brutali omicidi.
Ho sentito e letto cose che non mi sono piaciute in questi giorni e sono tutte quelle in cui si dava un giudizio morale, anche indiretto o sottointeso, sulla povera Lucelly. Inorridisco di fronte a chi si pone (giudicando) con il pollice in alto o in basso di fronte ad una persona in vita, figuriamoci di fronte ad una donna brutalmente massacrata senza ragione, perché ragioni non ce ne possono essere mai per giustificare un' uccisione. 
Credo sia allucinante (e falso) qualsiasi atteggiamento che non sia il rispetto totale.
A questo proposito ci sono delle parti molto belle del Vangelo, soprattutto se lette con gli occhi critici del laico dubbioso quale sono io e non quelli del cattolico bigotto che prende atto della Verità senza mai metterla in discussione.
Credo che queste belle parole, che sotto riporto, possano essere lette con attenzione. "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei", diceva Gesù secondo le scritture. A Lucelly non getto alcuna pietra, ma porgo virtualmente un ramoscello di mimosa per l’8 marzo, arcaico simbolo della vita che risorge, sperando che ovunque sia adesso possa aver trovato la felicità e la speranza che gli è stata rubata insieme alla vita da un brutale e schifoso assassino.



Dal Vangelo secondo Giovanni 8, 1 - 11
Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. Ma all'alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava.
Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adultèrio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”.
Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.
Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?”. Ed essa rispose: “Nessuno, Signore». E Gesù le disse: “Neanch'io ti condanno; và e d'ora in poi non peccare più”.


Dal Vangelo secondo Luca  7, 36 - 50
In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo.
Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: “Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!”.
Gesù allora gli disse: “Simone, ho da dirti qualcosa”. Ed egli rispose: “Di’ pure, maestro”. “Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?”. Simone rispose: “Suppongo sia colui al quale ha condonato di più”. Gli disse Gesù: “Hai giudicato bene”.
E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: “Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco”.
Poi disse a lei: “I tuoi peccati sono perdonati”. Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: “Chi è costui che perdona anche i peccati?”. Ma egli disse alla donna: “La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!”.

giovedì, febbraio 14

“E mi tiro su gli occhiali al traguardo della tappa, ma quando scendo dal sellino sento la malinconia, un elefante magrolino che scriveva poesie”. San Valentino, il ricordo di Marco Pantani ed un pensiero per la mia città

San Valentino, festa degli innamorati. Fiumi di inchiostro e di sentimenti hanno invaso ogni media, anche se non riescono ad essere più forti della cronaca, che prepotente (giustamente) ha sempre le prime pagine. Per me San Valentino negli ultimi anni ha sempre avuto un significato particolare e non parlo di chi mi sta vicino, che non ha bisogno di sdolcinate dichiarazioni pubbliche.
Oggi sono nove anni che è morto Marco Pantani, un gigante fragile, che ha pagato in prima persona il conto al suo amore per la vita, una volta che non si è più sentito ricambiato in questo sentimento. Oggi si scopre che ai suoi tempi tutti gli altri (lottava contro Armstrong...) baravano di brutto, molto più di lui forse. Ma così è. In ogni caso rimarranno fortissime le emozioni che solo Marco riusciva a stimolare. Quando si toglieva la bandana e si alzava sui pedali… beh in quel gesto c’era molto più del doping (che in fondo aveva messo tutti comunque alla pari), c’era la rabbia, la voglia di soffrire, la voglia di partire e lasciare tutti dietro. Non bastarono a fermarlo le fratture alle gambe o altri incidenti gravissimi. Marco era molto di più e la sua leggenda non morirà mai. Non è certo finita il 14 febbraio 2004 in quell’albergo a Rimini. Ogni San Valentino penso a lui, ai suoi occhi quando si alzava sui pedali, ma anche al suo sguardo spento negli ultimi giorni di vita, così come appariva nelle cronache dei giornali che lo sbattevano in prima pagina, colpevole, al tempo, di aver truccato le carte, linciato e massacrato oltre ogni logica. Nei giorni della sua grande sofferenza non gli fu concessa neppure quella che i latini chiamavano pietas. E’ un sentimento nobile, che non significa perdono, ma pietà e rispetto per l’uomo che sta soffrendo, che sa bene che sta pagando e pagherà ancora per gli errori commessi. In quei giorni molti ebbero per lui solo rabbia, spesso cieca. Se penso a quello che (forse) facevano gli altri, mi viene da pensare che Marco (forse) era fra quelli che baravano di meno. Ripenso alle salite, alla fatica sovraumana che pativa per spingere più forte sui pedali, per superare gli altri. Oggi il suo pedalare appare come una catarsi, il suo alzarsi sui pedali quasi un tentativo di purificazione. Riuscì così a superare tutti meno uno, sé stesso. Ciao Marco
Quest’anno per San Valentino non posso non pensare anche alla mia città. In attesa della giusta e doverosa chiarezza (sono garantista e fiducioso nella Magistratura) che i Giudici consegneranno alla storia, in questi giorni mi rendo conto di quanto le voglio bene. Leggendo la cronaca alle volte verrebbe voglia di andare lontano, magari negli Usa, in Nuova Zelanda o comunque all’estero, per non sentire tutti giorni il gran male che Siena ha subìto e sta subendo. Poi ripenso a tutto il vissuto, al fatto che in fondo sono nato qua e qua vorrei morire, nella mia città. Non sono cieco né sordo e pertanto vedo e leggo ogni giorno tutto quello che accade e che dà profondo sconforto, oltre ad infinita preoccupazione, soprattutto per le generazioni che verranno, alle quali è stata tolta una parte della speranza. Proprio per questo penso sia giusto rimanere a Siena, nella mia città, cercando di portare (quando e se richiesto) l’apporto che posso portare (poco), sperando che tutti possano fare altrettanto, se lo vorranno, liberamente e sinceramente, ma soprattutto in modo disinteressato, dopo il grande inganno che aveva illuso quasi tutti, me compreso. Solo pochi urlavano nel deserto. Purtroppo indietro non si può tornare e l'unica strada è andare avanti.














E mi alzo sui pedali è la bellissima canzone (scritta da Bigazzi - Grandi - Curreri / Falagiani) dedicata a Marco Pantani dagli Stadio nel 2007. Album Parole nel vento.
Chissà, forse oggi Marco sarà su qualche passo alpino a canticchiarla, mentre pedala solitario, accarezzando con la sua bici i tornanti, oggi lievi nel salire.

Io sono un campione questo lo so
È solo questione di punti di vista
In questo posto dove io sto
Mi chiamano Marco, Marco il ciclista
Ma è che alle volte si perde la strada
Perché prima o poi ci sono brutti momenti
Non so neppure se ero un pirata
Strappavo la vita col cuore e coi denti
E se ho sbagliato non me ne son reso conto
Ho preso le cose fin troppo sul serio
Ho preso anche il fatto di aver ogni tanto
Esagerato per sentirmi più vero

E ora mi alzo sui pedali come quando ero bambino
Dopo un po' prendevo il volo dal cancello del giardino
E mio nonno mi aspettava senza dire una parola
Perché io e la bicicletta siamo una cosa sola
E mi rialzo sui pedali ricomincio la fatica
Poi abbraccio i miei gregari passo in cima alla salita
Perché quelli come noi hanno voglia di sognare
E io dal passo del Pordoi chiudo gli occhi e vedo il mare
E vedo te…e aspetto te…

Adesso mi sembra tutto distante
La maglia rosa e quegli anni felici
E il Giro d'Italia e poi il Tour de France
Ed anche gli amici che non erano amici
Poi di quel giorno ricordo soltanto
Una stanza d'albergo ed un letto disfatto
E sono sicuro di avere anche pianto
Ma sono sparito in quell'attimo esatto

E ora mi alzo sui pedali all'inizio dello strappo
Mentre un pugno di avversari si è piantato in mezzo al gruppo
Perché in fondo una salita è una cosa anche è normale
Assomiglia un po' alla vita devi sempre un po' lottare
E mi rialzo sui pedali con il sole sulla faccia
E mi tiro su gli occhiali al traguardo della tappa
Ma quando scendo dal sellino sento la malinconia
Un elefante magrolino che scriveva poesie
Solo per te… solo per te…

Io sono un campione questo lo so
Un po' come tutti aspetto il domani
In questo posto dove io sto
Chiedete di Marco, Marco Pantani.

sabato, gennaio 12

"Ricomincio da tre", insieme a Massimo Triosi, aspettando il "dies natalis solis invicti"

Una delle cose più difficili per tutti è capire quando arriva il nostro personale 1 gennaio, il primo giorno dell’anno che possa significare ripartenza, vita nuova o ritorno a ciò che di buono abbiamo fatto. L’importante è capire che non si tratta di una corsa a tempo, dove chi parte o arriva primo vince qualcosa. Ognuno di noi ha i suoi (comunque meravigliosi) tempi.
La società, tutto quanto è attorno a noi, ci obbliga ad una ripartenza personale e come tale non può essere delegata, ma realizzata in prima persona, nei tempi e nei modi che soggettivamente ognuno vorrà, sempre che lo decida.
Bellissimo è il dialogo fra Lello Arena e Massimo Troisi nel film “Ricomincio da tre”. Grazie a Wikipedia le fantastiche parole tra i due sono in rete:
Gaetano: Io dimane parto. Cioè dimane me ne vaco a Firenze, addu, addu zia Antonia...
Lello: E 'nata vota Firenze, e 'nata vota zia Antonia, e poi nu parti mai.
Gaetano: Cioè, se ti sto dicendo che parto, parto... e poi me ne vaco Rafè, nu ci'a faccio cchiù! Cioè, chello che è stato è stato, basta! Ricomincio da tre!
Lello: Da zero!
Gaetano: Eh?
Lello: Da zero! Ricominci da zero!
Gaetano: Nossignore, ricomincio da... cioè, tre cose me so' riuscite ind'a vita, pecchè aggià perdere pure cheste?! Aggià ricominciare da zero?! Da tre!... Me ne vaco, nun ci'a faccio cchiù...
Lello: Gaeta', chi parte sa da che cosa fugge, ma non sa che cosa cerca.
Gaetano: Cioè cumm'è 'sta cosa? Chi parte...
Gaetano e Lello: Sa da che cosa fugge ma non sa che cosa cerca.
Gaetano: Azz è bella, 'o ssaje? L'hai fatta tu? Pari scemo tu eh, e invece..
Siamo già arrivati quasi alla metà di gennaio ed ancora devo tornare in bici, devo ripartire per smaltire i chili invernali e soprattutto capire quale sarà la prossima meta. Ma di questo ovviamente (e giustamente) non frega proprio niente a nessuno. Per i buzziconi che aspettano sempre il ”lunedì che verrà” il Dies Natalis Solis Invicti, il giorno in cui la luce ha iniziato a prendere il sopravvento sulla notte, quest’anno è caduto il 22 dicembre. E’ questa la data spartiacque, il giorno in cui dovrebbero finire gli alibi o altro e ripartire. Purtroppo mi sono attardato a tavola, anzi su molte tavole, e poco sulle due ruote o in palestra. E’ tramontata, anzi rimandata, la preparazione per fare una maratona.
Ma questa visione in apparenza pessimistica non può e non deve essere esaustiva di tutto. “Ricomincio da tre”, verrebbe voglia di dire. Poi una volta partito capirò quali siano queste tre cose, se ancora non le avessi chiare. Anche il nostro mondo, la nostra Italia e la nostra Siena avrebbero bisogno di ripartire, ma non so se siano rimaste tre cose "salvate", tali da poter essere considerate basi di partenza. Oppure ce ne sono ancora talmente tante che basterebbero per far ripartire tutto almeno tre volte.
Non mi riferisco a nulla in particolare. Ognuno tragga le proprie conclusioni. Di fatto devo riprendere presto la bici, non solo metaforicamente parlando. So bene che per almeno quattro o cinque uscite tornerò a casa con la nausea, una fatica totale dovuta ai tre mesi di non pedalate. Ma so bene che dopo starò meglio, che le gambe gireranno più agili sulle salite, potrò rialzare la testa dalla strada e guardare il mondo che mi circonda pedalando.
Cammino di Santiago, Italia oppure Siena tutte le strade si somigliano. La bellezza non ha casa, ma è ovunque, basta saperla vedere e non consentire ad altri, ma anche alla nostra inedia, di tenerla nascosta. Avere un nostro percorso è fondamentale, perché la ricerca di ciò che vogliamo e della nostra “bellezza” non possiamo delegarla, né affidarla al copia-incolla dei modelli che ci impongono, sotto tutti i punti di vista.
A questo proposito è ancora speciale il grande Massimo Triosi, una persona speciale che ci ha lasciato tante cose nel pochissimo tempo in cui è stato fra noi. E’ Gaetano (Massimo Triosi), che parlando con Marta cita Lello Arena pensando che la frase da lui pronunciata fosse stata pensata proprio da lui.
Marta: Senti, ma come mai sei venuto via da Napoli?
Gaetano
: Ma sai, in fondo in fondo, sai: chi parte sa da cosa fugge ma non sa che cosa cerca.
Marta
: Ma che fai, parli con le frasi degli altri?
Gaetano
: Perché, conosci a Lello, tu?
Marta
: E chi è Lello?
Gaetano
: Lello Sodano, chillu là bassino, 'nu poco... cu 'na faccia tene 'nu... cioè la frase che hai detto...
Marta
:E’ di Montaigne!
Il film finisce con la scena di Gaetano (Massimo) che parla con Marta del figlio avrà, del quale non conosce il padre con certezza. Massimiliano oppure Ugo, ricordate? Gaetano aveva voglia di ripartire, proprio con Marta e Ciro, il bambino che forse non era suo, ma era comunque un figlio, un punto di partenza.
Gaetano: Perché Massimiliano... Per esempio, questo ragazzo sta vicino alla mamma... questo ragazzo si muove per andare a qualche parte? La mamma prima di chiamare Mas-si-mi-lia-no, il ragazzo già chissà dove è andato, chissà cosa sta facendo! Non ubbidisce, perche è troppo lungo!
Invece Ugo, quello come sta vicino alla mamma e sta per muoversi: Ugo! Il ragazzo non ha nemmeno il tempo di fare un passo. Ugo!, e deve tornare per forza, perche lo sente, il nome.
Al massimo, proprio... ecco... volendo lo potremmo chiamare Ciro. È più lungo, ma proprio per non farlo venire troppo represso... Però Ciro tiene il tempo di prendere un poco d'aria... ".
Arrivati in fondo dovrebbe essere il momento della morale, la sintesi di tutto. E bene non c’è nessuna morale o sintesi da fare. L’importante è ricominciare, poi se “Ricomincio da tre” meglio, se “Ricominci da te” meglio ancora.

C'è una poesia di Massimo Triosi, che ritengo straordinaria. L'ha ben cantata il suo amico Pino Daniele.
  O' ssai comme fa o' core
Testo originale in napoletano

Tu stive 'nzieme a n'ato
je te guardaje
e primma 'e da' 'o tiempo all'uocchie
pe' s'annammura'
già s'era fatt' annanze 'o core.
A me, a me
'o ssaje comme fa 'o core
quann' s'è annamurato.

Tu stive 'nzieme a me
je te guardavo e me ricevo
comm' sarrà successo ca è fernuto
ma je nun m'arrenn'
ce voglio pruva'.
Poi se facette annanze 'o core
e me ricette:
"Tu vuoje pruvà?
E pruova, je me ne vaco!"
'O ssaje comme fa 'o core
quann s'è sbagliato.
 
Lo sai come fa il cuore
Traduzione in italiano

Tu stavi insieme a un altro
io ti guardavo
e prima di dar tempo agli occhi
di innamorarsi
già s'era fatto innanzi il cuore.
A me, a me
lo sai come fa il cuore
quando s'è innamorato.

Tu stavi insieme a me
io ti guardavo e mi dicevo
come sarà successo che è finita
ma io non mi arrendo
ci voglio provare.
Poi si fece avanti il cuore
e mi disse:
"Tu vuoi provarci?
E prova, io me ne vado!"
Lo sai come fa il cuore
quando s'è sbagliato.