lunedì, agosto 10

Eternamente Roma, ultima tappa della Francigena, ma non la meta del viaggio. Per quella il volo continua: “Se te senti la forza necessaria, spalanca l'ale e viettene per aria”, come diceva Trilussa

Sono passati un paio di giorni dal ritorno a Siena, dopo aver pedalato dalla mia città verso la capitale. Un viaggio breve ma intenso, che mi ha fatto riscoprire la bellezza della nostra terra ed emozioni che pensavo poter di trovare solo quando la distanza da casa è maggiore. Negli altri brevi racconti ho descritto il tragitto; il finale non può che essere dedicato alla meta, anche se in un cicloviaggio parlare di meta o di arrivo è ciò che di più sbagliato si possa pensare. Come disse una persona molto più saggia di me: “Il viaggio parte quando inizi a pensarlo e finisce quando non lo pensi più”. Ma torniamo a noi. Roma è veramente la città eterna. Arrivare alla mitica ciclabile del Tevere mi è costato l'ennesimo tratto di tangenziale a quattro corsie. Per fortuna era in leggerissima discesa ed ho fatto i canonici cinque o sei chilometri in mezzo a tir e auto che sfrecciavano a 120 all'ora più veloce di un vecchio Benelli 3 marce, quello a cui nella spensierata gioventù mettevamo la sella lunga per sentirci alla moda. In verità io avevo un Dingo 3 marce, poco ganzo e "scacciafica", almeno secondo me. Alla fine il sacrificio della mezza tangenziale è stato ripagato: la Caput Mundi era in vista e la squallida periferia era stata superata fino a giungere quasi all’Urbe. A Saxa Rubra per trovare l'ingresso della ciclabile ho impiegato almeno venti minuti, girando fra gli studios Rai. E’ stato bello vedere la via più grande della zona intitolata al nostro Silvio Gigli, un pezzo importante di Siena, oggi ricordato poco e male.
La ciclabile lungo il Tevere è molto bella ed in poco tempo conduce dolcemente nel cuore del centro partendo dalla triste periferia capitolina. Vedere da lontano il Cupolone è stata una bella immagine, quasi un simbolo dell’arrivo, anche se il viaggio è stato breve, poco più di tre giorni fatti lentamente e senza fretta. Niente a che vedere con la prima vista delle torri della Cattedrale a Santiago che si intravedono dal Monte do Gozo, quella è tutta un’altra storia.
Roma è una città straordinaria, che resiste stoicamente alla violenza fisica che l’uomo sadicamente le infligge quotidianamente. Vedere i cassonetti pieni, disordine e anarchia, vedere monumenti stracolmi di storia sommersi da auto e grigia fuliggine, è atroce. Roma meriterebbe una campana di vetro, il centro dovrebbe essere totalmente pedonalizzato. La storia della più grande e potente città che il mondo abbia mai visto merita qualcosa in più.
Ma non è da oggi che è così. Marino è solo l’ultimo carnefice, anche se con piccoli barlumi di speranza all’inizio, con il merito di aver pedonalizzato almeno la zona del Colosseo e Fori Imperiali. Nel tempo si sono alternati millantatori e politicanti, ma il risultato è praticamente sempre lo stesso. Hanno colpa tutti i sindaci che hanno seguito Nathan (ultimo vero primo cittadino di Roma, 1907-13), ma in particolare quelli degli ultimi trenta anni.
Girare lentamente a piedi o con la bici è uno spettacolo ad ogni metro, al di là dei monumenti più noti. Roma nasconde un gioiello in ogni via, è uno scrigno che ti riserva una sorpresa ogni volta che osservi con occhi curiosi ciò che ti circonda. La bici consente di girellare per il centro abbastanza velocemente e con un’poca di educazione non si corrono neppure rischi particolari per il traffico. E’ emozionante passare da Piazza di Pasquino ed immaginare come fosse tante decine di anni fa, quando al collo della statua venivano appesi messaggi anonimi contro il potere del tempo, oppure entrare a Campo dei Fiori, guardare la statua a Giordano Bruno ed immediatamente provare una laica vicinanza al filosofo dato alle fiamme. Tutto è sublime. Roma richiede l’isolamento da tutto il caos che ti circonda, se la vuoi apprezzare fino in fondo. Con un virtuale Photoshop vanno cancellate brutture, persone, traffico e confusione, quindi sognare. Ecco che allora si spalanca in tutto il suo splendore, nella sua eterna ed immutabile bellezza assoluta che non ammette mediazioni né commenti, ma solo rispetto, immenso, fino allo stupore, fino a sentirsi sopraffatti da questo sovraumano bagaglio di storia e di vita. Pedalare lungo il foro e immaginare che anche Cicerone oppure Giulio Cesare calpestavano quelle pietre, guardare gli scalini di un tempo ed immaginare Augusto che li saliva con la sua armatura da imperatore, passare sotto l’Arco di Costantino con la consapevolezza che prima di te ci sono passati eroi autentici, gente per cui la propria vita era un fattore ampiamente sacrificabile per il bene comune. Roma è veramente la città eterna, nonostante tutto e nonostante gli uomini.
La mia Francigena non si è chiusa dunque in Piazza San Pietro, ma è proseguita nelle strette vie, nelle pizzerie al taglio, dove buttano sulla bilancia il trancio e fanno il prezzo. Mi piace veramente tanto Roma, nonostante tutto.
Ma il viaggio non finisce mai e riprende forza e vigore quando meno te lo aspetti. La mattina della ripartenza in treno verso Siena volevo passarla in bici a zonzo per Roma. Ho fatto la scelta talebana di dormire negli ostelli e nei conventi, di mangiare sempre al sacco, ed anche nel viaggio di ritorno ho scelto un treno regionale low cost in partenza alle 13 e rotti. Non solo per risparmiare, ma perché in questi vagoni, con la giusta predisposizione, si possono incontrare persone straordinarie e soprattutto sono gli unici che consentono di trasportare le bici.
Uscito verso le 8.30 in strada ho avuto un’illuminazione: sarei dovuto andare a Villa Borghese. Non ero mai stato dentro a questo parco nelle decine di viaggi fatti a Roma. L’idea mi è passata per la mente mentre ero in mezzo alla rotonda di Piazza Venezia, una vera e propria lotteria, dove uscire vivo corrisponde ad una vincita importante al Superenalotto. “Ma che ci faccio in questo casino”, ho pensato e subito mi è venuto in mente l’immenso spazio verde proprio dentro al cuore della città eterna. E’ stato un attimo andare ad imboccare via del Corso, piazza del Popolo ed entrare in questo microcosmo di pace. Ci sono stato un paio d’ore almeno, girellando fra strade e larghi intestati a Mastroianni, Sordi e la Magnani, passando dall’orologio ad acqua ad i busti di filosofi, poeti o scrittori. E’ incredibile come il paradiso sia vicino all’inferno. Dalla rotonda di piazza Venezia a Villa Borghese, un’esperienza meravigliosa.
Ma presto arriva inesorabile l’ora di partire e di rientrare nel caos della città, con direzione stazione Termini, una vera e propria bolgia, un caos tutto italiano. Guardo il cartellone, il treno verso Siena è al binario Est2, che mai avevo sentito nominare. Solo dopo ho capito che si trattava dell’estremo punto a sinistra nella stazione, ad almeno 500 metri dalle partenze tradizionali, dove partono i treni regionali. E’ stata una scena fra il comico ed il grottesco vedere tanta gente correre ed affrettarsi. Mancavano dieci minuti alle tredici, dunque meno di quindici minuti alla partenza del treno. Io con la bici ero sicuro di farcela, ma parecchi lottavano con tutte le forze per arrivare all’ambito e caldo vagone.
Nei tre minuti che mi sono rimasti aspettando il treno ho iniziato a ripensare alla persona più incredibile che avevo conosciuto nel viaggio, almeno fino a quel momento. Il pensiero è caduto immediatamente su Christian, un francese sul metro e settanta, tutto rasato con il quale ho fatto amicizia nella residenza di Formello. È arrivato trafelato in ostello attorno alle quattro del pomeriggio ed al mio saluto di rito ha risposto dandomi il "cinque". Dopo poco ho voluto approfondire: un fisico tanto tirato non poteva che nascondere una storia incredibile e così è stato. Mi ha detto che da quattro anni non prendeva un giorno di ferie. Di lavoro Christian non fa l'impiegato al catasto o al comune, ma l'artigiano in Nuova Caledonia, il gruppetto di isole a sinistra dell'Australia, sotto la Nuova Zelanda. Mi ha detto che il due giugno è partito da Tolosa, la sua città. Ha guadagnato tantissimo nei molti anni lontano da casa ed aveva bisogno di fare qualcosa che sentiva dentro di sé, forse. Dico forse perché non gli ho chiesto il motivo per cui viaggiasse. Ho preferito immaginarlo. Dopo oltre due mesi di cammino e due paia di scarpe consumate (una letteralmente scoppiata a Siena) arriverà a Roma in un giorno, il tutto ovviamente a piedi. Ben 1200 chilometri ad una media pazzesca. Due amici in bici che oggi ho incontrato per la seconda volta in ostello mi hanno detto che andava più forte lui a piedi che loro sui pedali. Nella Capitale avrebbe aspettato la sua compagna in arrivo a Roma da Tolosa. Si sarebbero salutati, quindi lui avrebbe preso la direzione della Puglia, verso San Giovanni Rotondo (in treno), per poi volare a Tel Aviv. Vuole fare a piedi il monte Hebron, quindi arrivare a Gerusalemme. Le difficoltà più grandi incontrate fino a quel momento? Il sentiero verso il passo del Monginevro e le zanzare nelle risaie in pianura Padana. Per lui erano state un tormento molto peggiore della fatica, al pari dei tafani, anche loro terribili nel pungere la carne. È un grande Christian, difficilmente farò mai quello che ha fatto lui. Non tanto per la fatica, quanto per le mostruose motivazioni che deve avere un uomo per camminare due mesi e mezzo da solo senza essere né triste, né tantomeno stanco.
Il pensiero di Christian passa veloce, come il treno che sta arrivando, carico di persone e di una bella sorpresa di nome Oliviero. Per capire chi sia andate a vedere il suo sito www.bonfantioliviero.com . Abbiamo fatto subito conoscenza nel sistemare le bici nel vagone, ma presto è nata una bellissima conversazione durata fino al piazzale della stazione di Siena. Oliviero è un viaggiatore vero, che ha pedalato da solo in lungo ed in largo per il mondo. E’ proprio una persona per bene. Quest’anno ha viaggiato in Grecia, ma proseguirà ancora a zonzo per l’Italia qualche giorno prima di tornare nella sua Bergamo. Grande Oliviero!
Siamo arrivati alla fine di questa piccola esperienza. In fondo per fare un viaggio non si deve andare lontano, né avere soldi o tempo. Mi sono reso conto che in cinque giorni ho speso poco meno di 200 euro fra vitto e alloggio, compreso 20 euro del treno di ritorno. Per fare un grande viaggio basta avere la mente che abbia voglia di sognare e gli occhi (e cuore) pronti a farsi sorprendere dalla bellezza. Poi un briciolo di coraggio, ma non troppo. Per vivere la vita di tutti i giorni molte persone ne hanno molto, molto più di me, che in fondo ho solo girellato per una strada a sterro qualche giorno. La chiusura non può che essere affidata al grande Carlo Alberto Salustri, detto Trilussa, uomo libero. Ci invita ad osare e ci fa capire che per volare non c’è bisogno di essere un’aquila, ma solo avere la voglia di farlo.
L’uguaglianza
Fissato ne l'idea de l'uguajanza
un Gallo scrisse all'Aquila: - Compagna,
siccome te ne stai su la montagna
bisogna che abbolimo 'sta distanza:
perché nun è né giusto né civile
ch'io stia fra la monnezza d'un cortile,
ma sarebbe più commodo e più bello
de vive ner medesimo livello.-
L'Aquila je rispose: - Caro mio,
accetto volentieri la proposta:
volemo fa' amicizzia? So' disposta:
ma nun pretenne che m'abbassi io.
Se te senti la forza necessaria
spalanca l'ale e viettene per aria:
se nun t'abbasta l'anima de fallo
io seguito a fa' l'Aquila e tu er Gallo.

Carlo Alberto Salustri, detto Trilussa




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