giovedì, luglio 19

Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza

Una delle ansie più vive in gran parte degli esseri umani è la ricerca della così detta “altra metà”. L’immaginario collettivo in questa definizione comprende il proprio completamento ideale, il gambo che sorregge il fiore, la radice che nutre l’albero. In poche parole è la ricerca di qualcosa di esogeno che diventi parte di noi stessi, che ci dia vita o semplicemente possa rendere migliore il quotidiano, come subordine accettabile. Tutto questo mi convince poco. Sono sempre stato dell’idea che sia impossibile stare bene con qualcun altro se prima non si sta bene con noi stessi. L’altra metà da conquistare, questa volta senza virgolette, è… l’altra metà di noi stessi, quella che magari abbiamo combattuto, odiato e amato, prima di accettarla con i suoi bianchi, ma anche tutti i neri. Per i più fortunati appare presto nella sua evidenza, ma per la stragrande maggioranza delle persone questa conoscenza non può che passare attraverso tanti cammini, infiniti sentieri, ciascuno dei quali farà scoprire una piega della propria anima, la sua bellezza, ma anche le sue ombre. Alle volte si parte per un viaggio, fisico o interiore, senza sapere cosa troveremo al di là delle “colonne d’Ercole” che cercheremo di superare, ma sappiamo che c’è qualcosa di importante che ci aspetta, una volta che saremo riusciti a togliersi di dosso tutti gli orpelli con i quali abbiamo “ornato” o “mascherato” la nostra metà sconosciuta. A questo proposito è letteralmente sublime la descrizione della “voglia di sapere” di Ulisse descritta dal sommo poeta Dante: “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”. Ci sarebbe poco altro da aggiungere, tanto è perfetta questa sintesi, che raccoglie ogni tipo di viaggio che si possa immaginare. Sapere meglio "chi sono" è la molla che mi fa partire per ogni viaggio, sperando di arrivare all’ultimo secondo della mia vita sapendo che il secondo successivo potrò forse raggiungere la verità. Ho una compagna speciale al mio fianco, che alle volte mi anticipa ed altre mi segue nei cammini, ma comunque mai ne impone, se non come proposta di condivisione per conoscersi meglio insieme. Ho anche tanti amici, per me importantissimi. Alcuni li frequento molto, altri non li sento tutti i giorni, ma reciprocamente sappiamo di avere un legame speciale. Presto partirò per un nuovo cammino, forse. Nessuna certezza per adesso. Sarà con me stesso. Da una parte questo mi fa paura, perché so bene che mi ritroverò con la metà di me che cerco di conoscere sempre meglio, dall’altra sono felicissimo, perché so bene che quando tornerò sarò sicuramente migliore e potrò far incazzare meno le persone che, bontà loro, mi stanno vicino.

 











Passo tratto dalla Divina Commedia – Canto XXVI
Lo maggior corno de la fiamma antica
cominciò a crollarsi mormorando,
pur come quella cui vento affatica;
indi la cima qua e là menando,
come fosse la lingua che parlasse,
gittò voce di fuori e disse: "Quando
mi diparti’ da Circe, che sottrasse
me più d’un anno là presso a Gaeta,
prima che sì Enëa la nomasse,
né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né ’l debito amore
lo qual dovea Penelopè far lieta,
vincer potero dentro a me l’ardore
ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore;
ma misi me per l’alto mare aperto
sol con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto.
L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna,
fin nel Morrocco, e l’isola d’i Sardi,
e l’altre che quel mare intorno bagna.
Io e’ compagni eravam vecchi e tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dov’Ercule segnò li suoi riguardi
acciò che l’uom più oltre non si metta;
da la man destra mi lasciai Sibilia,
da l’altra già m’avea lasciata Setta.
"O frati," dissi, "che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia
d’i nostri sensi ch’è del rimanente
non vogliate negar l’esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza".
Li miei compagni fec’io sì aguti,
con questa orazion picciola, al cammino,
che a pena poscia li avrei ritenuti;
e volta nostra poppa nel mattino,
de’ remi facemmo ali al folle volo,
sempre acquistando dal lato mancino.
Tutte le stelle già de l’altro polo
vedea la notte, e ’l nostro tanto basso,
che non surgëa fuor del marin suolo.
Cinque volte racceso e tante casso
lo lume era di sotto da la luna,
poi che 'ntrati eravam ne l'alto passo,
quando n’apparve una montagna, bruna
per la distanza, e parvemi alta tanto
quanto veduta non avëa alcuna.
Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto;
ché de la nova terra un turbo nacque
e percosse del legno il primo canto.
Tre volte il fé girar con tutte l’acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com’altrui piacque,
infin che ’l mar fu sovra noi richiuso".

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