mercoledì, agosto 1

Tappa 3 - Tre regioni, tre panorami, tre popoli


Oggi ho pedalato  il primo dei due tapponi di tanti chilometri  necessari per arrivare in tempo a Siena con la conclusione delle ferie. Da Aosta a Mortara, quasi 156 km con tre regioni toccate: Valle d’Aosta, Piemonte e Lombardia, tre popoli diversi fra di loro, tre panorami completamente agli antipodi. E’ questo il bello del viaggio. Per fortuna non ci sono state salite da affrontare e tutto sommato sono arrivato stanco ma moderatamente vivo. Prima notizia, dall'ingresso in Piemonte, provincia di Biella, sono moltissimi i cartelli della Francigena che si incontrano. La giornata era iniziata alla grande con tre paste tre mangiate ad Aosta. E’ uno degli aspetti magici della bici: puoi mangiare quanto vuoi senza rimorsi. Particolarmente buone le due con pezzetti di mela dentro, ma anche quella alla crema era tutt’altro che da buttare. Nota meno lieta il caffè macchiato, di fatto un cappuccino bollente e quasi imbevibile. E vabbé, non si può avere tutto, anche perché la ragazza del bar era di “qualità” ed una ciofeca di caffè gli si può perdonare... A seguire ho fatto una rapida visita ad Aosta e francamente mi ha sorpreso per la sua bellezza, fatta di tanti ruderi romani. In particolare la grande porta è da vedere alla grande. Ma andiamo avanti. Per trovare la ciclabile lungo la Dora Baltea (nella foto) mi ci è voluto un poco di tempo, anche perché nel frattempo mi aveva chiamato Alessandro Pagliai di Antenna Radio Esse e mi ero un poco distratto. Poco male, però. La strada è francamente molto bella e per una decina di chilometri si snoda per la valle che porta a St. Vincent, quindi a Ivrea. A quel punto mi sono scontrato contro la talebana che ha esteso la guida che seguo. Per  non farti fare dieci metri di una provinciale poco trafficata ti fa andare su strade a sterro, campi quasi infangati anche in tempo  di siccità (qui annaffiano sempre) e così via. Bene che vada ti becchi zanzare o altri insetti che gozzovigliano e ingrassano sulla schiena delle tante mucche. Male che vada ti ritrovi faccia a faccia con qualcuno dei tori che in Val d’Aosta abbondano, manco si fosse in Andalusia. La peggior cosa è che ti becchi il contadino, fresco di colazione con lardo e vino, sicuro che gli volevi fregare le albicocche oramai mature. Sicuramente si rischia di prendere viottoli che ti sfasciano mezza bici e rimanere a piedi in un colle sulla Dora Baltea non è proprio il modo più bello di iniziare la giornata. Si deve sempre leggere in modo critico le guide, ha ragione il mio amico Fabio, che ne ha scritte delle ottime. Sono come i gps per auto: non hanno sempre ragione solo perché noi siamo uomini fallaci e lui un gps perfetto. Pian pianino sono arrivato a St. Vincent, la Montecatini del nord, con in più il Casinò, che notoriamente è una bella calamita di… un po’ di tutto, diciamo così. Sono passato abbastanza presto e di allegre pulzelle in giro c’erano poche, diciamo nessuna. Tranquilli, la prostata pressata da tre giorni di bici mi rende come il bambolotto Ciccio Bello: piatto. Non mancavano però gli anziani a fare due passi “con il fresco”. Un caffè me lo sono concesso in un bar vip. Un euro speso alla grande, visto che era decisamente buono. Pian pianino i monti sono diventati dolci colli, appena entrato in Piemonte. Mi è tornata alla mente la descrizione dei campanili fatta da Padre Enzo Bianchi della comunità di Bose nel suo libro “Il pane di ieri”. Me lo avevano regalato Ines e  Roberto nel Natale 2008 e l’ho riletto poche settimane fa. Per il sacerdote i tanti campanili dei fondo valle piemontesi erano magici, negli anni cinquanta, un mezzo di comunicazione perfetto. Se le campane suonavano la notte significava che c’era un allarme meteo di qualche tipo. I rintocchi durante il giorno, a festa o a lutto, sintetizzavano il procedere delle cose belle e dei lutti della vita. Oggi nessun sms, Facebook o Twitter riuscirebbe a comunicare altrettanto bene, in tempo reale ed a tutti, al netto di chi ha il sonno pesantissimo, ma in quel caso neppure il bip dell’sms lo avrebbe tolto dalle poderose (per lui) braccia di Morfeo. Ho osservato molto i campanili, così come il meraviglioso castello di Bard, ultimo baluardo, maestoso, nel punto più alto della valle che porta in fondo, dopo qualche decina di chilometri, alla pianura. E’ stato questo il terzo panorama di oggi. Prima grano turco, tanto, poi le risaie del vercellese, veramente tantissime. Prima un pranzo veloce in un bar lungo la strada. Mi piaceva il nome “Io e te” e mai scelta fu migliore. Ovviamente ci ho passato quasi un’ora, con una bella chiacchierata chilometrica con i due proprietari, una coppia sulla sessantina. Lei aveva dei lineamenti bellissimi che lasciavano capire che qualche decina di anni fa doveva essere un fenomeno di bellezza. Adesso gestisce con il cuore il piccolo bar con ristorazione di qualità insieme al marito, ma soprattutto pensa ai nipoti. La figlia aveva preso un colpo di sole e prima di andare via mi ha chiesto come poterli prevenire. Mi sopravvalutava forse, ma risposta è stata perfetta: “Le dica di stare più all’ombra!”. Mi sono sentito molto medico di campagna! Lui è stato in Svizzera a lavorare per 25 anni e mi ha chiesto che idea mi ero fatto dello stato bianco e rosso. Da lì a parlare dell’Italia c’è voluto due minuti. Era arrabbiatissimo. Ha avuto un’espressione diversa quando ha parlato dell’Olivetti che adesso non c’è più, della Fiat che nessuno sa cosa farà in futuro, dell’economia che sta crollando. Era deluso, soprattutto per il futuro della figlia ed i nipoti. Uno era in bottega e melo ha presentato. Ovviamente di tutto questo non importa nulla a nessuno. Avete ragione, passo oltre. Due le cose che mi hanno colpito nei chilometri successivi. La prima non poteva che essere il grande monumento a Palestro, a memoria imperitura della battaglia, tanto sanguinosa, quanto importante per l’Italia. L’altra cosa speciale è stata una fontanina di acqua freschissima trovata casualmente in messo alle risaie, con annesso un vecchio ospedale piccolissimo, una chiesa ed una grotta con immagini sacre. Secondo me doveva essere una sorgente naturale, visto che l’acqua scorreva abbondante e senza rubinetto. C’era vicino un signore, che appena mi ha visto ha subito detto: “E’ buona, bevi, ne hai bisogno”. Era veramente fresca e buona e ne ho approfittato anche per una specie di doccia! Ha riso ed è andato via, questo signore, ma non si è minimamente scossa la folta comunità d gatti che vive vicino alla fontanella. Adesso è già tardi e ripensandoci niente è degno di citazione fino a Mortara. Ah, ho visto anche il cartello dell’azienda del Riso Gallo! E sticazzi! Andiamo a letto, è meglio, domani vorrei arrivare a Fidenza, fatica permettendo.
















La canzone di oggi è "Blowing in the wind" di Bob Dylan. Sono stato sette ore sui pedali oggi ed ho pensato molto.

Blowing in the wind
Bob Dylan
“How many roads must a man walk down
before you can call him a man
yes ‘n how many seas must a white dove sail
before she sleeps in the sand
yes and how many times must the cannonballs fly
before they’re forever banned
the answer my friend is blowing in the wind
the answer is blowing in the wind
yes and how many years can a mountain exist
before it is washed to the sea
yes and how many years can some people exist
before they’re allowed to be free
yes and how many times can a man turn his head
and pretend that he just doesn’t see
the answer my friend is blowing in the wind
the answer is blowing in the wind
yes and how many times must a man look up
before he can see the sky
yes and how many ears must one man have
before he can hear people cry
yes and how many deaths will it take till he knows
that too many people have died
the answer my friend is blowing in the wind
the answer is blowing in the wind”.
Traduzione.
“Soffia nel vento
Quante strade deve percorrere un uomo
prima di poterlo chiamare un uomo
e quanti mari deve navigare una bianca colomba
prima di dormire sulla sabbia
e quante volte debbono volare le palle di cannone
prima di essere proibite per sempre
la risposta amico soffia nel vento
la risposta soffia nel vento
e quanti anni può una montagna esistere
prima di essere spazzata verso il mare
e quanti anni possono gli uomini esistere
prima di essere lasciati liberi
e quante volte può un uomo volgere il capo
e fare finta di non vedere
la risposta amico soffia nel vento
la risposta soffia nel vento
e quante volte deve un uomo guardare in alto
prima di poter vedere il cielo
e quanti orecchi deve un uomo avere
prima di poter sentire gli altri che piangono
e quante morti ci vorranno prima che lui sappia
che troppi sono morti
la risposta amico soffia nel vento
la risposta soffia nel vento”.

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